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Aggiornato: 23 maggio 2025
Quando uscii dall'Acquario, l'incantevole tratto di marina l
Cedendo a un impulso quasi istintivo, uscii sollecito, attraversai il corridoio, scesi le scale, mi fermai d'innanzi alla porta d'onde veniva il suono. La porta era socchiusa; m'insinuai senza far rumore; guardai per l'apertura delle tende. Giuliana era l
Perché mi parli cosí mozzo? parla col tuo malanno! LALIO. O Dio, che se lo dico, Olimpia ha giurato di volermi ammazzare. SENNIA. E se non lo dici, ti ammazzarò or ora. Quello d'Olimpia ha da venire, ma il mio sará adesso, al presente. LALIO. Io non lo dico, avertete. Quando voi mi diceste che stessi in camera, io me ne uscii per vergogna. SENNIA. Di che cosa? LALIO. Di quel che viddi.
Appena terminati i divini uffici uscii. Nel ripassare nuovamente davanti alle due signore speravo di poterle vedere meglio; non fu così, perchè al momento opportuno, invece di sollevare gli occhi, fui presa da uno scrupolo bizzarro e chinai il capo affrettando il passo.
Avrei voluto prenderle le mani e baciarle; e baciarle il dolce viso commosso, e dirle che l'adoravo; e dirle che era mio quel libro di versi; e darle del tu. Hugo Wolff, pazzo e affamato, morto di crepacuore e di miseria, ci spingeva l'una verso l'altra, lo so. Ma la canzone finì. Ella si era levata in piedi, ed io non la guardai più. Uscii senza parlare.
La vidi alterata nel volto come chi sia per rompere in un pianto. Non aspettai il suo consenso. Uscii in fretta; ma non trascurai di ripetere a Cristina che rimanesse fino a che io non fossi risalito.
La mattina dopo uscii per andarmi a presentare al nostro incaricato d'affari, Comm. Stefano Scovasso. Egli non avrebbe potuto dirmi che non ero puntuale al convegno. Il giorno otto d'aprile, a Torino, avevo ricevuto l'invito, coll'annunzio che la carovana sarebbe partita da Tangeri il giorno diciannove: la mattina del diciotto mi trovavo alla porta della Legazione. Non conoscevo di persona il Comm. Scovasso; ma sapevo di lui qualche cosa, che mi dava una gran curiosit
SENNIA. Per farti proprio tristo come dici. LALIO. O Dio, che volete che dica? SENNIA. Non t'ho lasciato con Eugenio e Olimpia nella camera? LALIO. Sí, ma poi me ne uscii fuora. SENNIA. Perché ne uscisti? LALIO. Perché viddi.... SENNIA. Che vedesti? LALIO. Nulla. SENNIA. Prima dici che vedesti e poi dici nulla. Non posso cavarti di bocca una parola di questo fatto.
Uscii per la porticina che Bazzetta si era affrettato ad aprire, la quale metteva nell'orto attiguo al giardino, il quale orto fiancheggiava il presbiterio dal lato opposto alla chiesa. Da quello un'altra uscita sì apriva sulla strada dei monti.
Quando fui ristorato, mi prese un vivo desiderio dell’albergo, di una camera mia dove mutarmi d’abiti e dormire fino al domani senza pensiero d’altro cammino. E poi era appena il mezzogiorno, che fare lassù tante ore? E la mia guida? Pagai largamente il ristoro ricevuto e benchè le due donne mi invitassero a rimanere, uscii pieno di coraggio.
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