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Aggiornato: 4 giugno 2025


E l'indomani mi svegliai soffocato dallo sgomento di chi all'improvviso si vede prossimo ad affogare. Ahimè che cosa ho io fatto! mi domandavo con le mani nei capelli. E pensavo: «Ella non è solo fango. Anche nel suo corpo vive e s'agita un'anima capace di godere e di soffrire. E tu non sospettasti neppur questo, accostandotele!

Potrebbe uscirne l'anima anche in carrozza. Per un'anima questa è propriamente porta da cocchiere. Adesso pensiamo un poco, che cosa dobbiamo farci di costui; e dette un calcio nel capo al cadavere. Portiamolo giù nel giardino, e mettiamolo sotto terra...

Per una serie di sensazioni acute, e non analizzate analizzabili, ella confondeva in una gioia suprema, la commozione di femmina innamorata e l'estasi di un'anima istintivamente mistica: la tenerezza e il profondo rispetto: il desiderio e l'ammirazione: l'uomo agognato e l'uomo-dio.

Anche di amore? e lo fissò, negli occhi. Anche di amore. egli rispose, a capo basso. Ella impallidì un poco: ma si rimise subito. Io sarò un'anima tenera per te, Paolo. Non ti prendere questo duro incarico, povera creatura; lasciami al mio destino. No, no, ti voglio bene, mi sei sempre piaciuto... tentiamo questa salvazione, Paolo... Un lugubre compagno di viaggio, Chérie...

Vi era un ritornello, che egli pronunziava sempre, nervosamente, a traverso i suoi racconti scuciti; un ritornello che rivelava l'attossicamento della sua vita, in tutte le sue più pure sorgenti, l'avvelenamento crudele di un sangue giovane e di un'anima, resa inetta a vivere e incapace di morire così. Il ritornello: Che veleno mi avete dato, che veleno!

PSEUDONIMO. Io son quello che fui sempre, son altro diventato. LIMOFORO. Forse ci siamo scambiati insieme. PSEUDONIMO. Mai viddi uomo tanto simile a me che mi fusse scambiato in lui. LIMOFORO. Forse siamo un'anima in duo corpi? PSEUDONIMO. L'anima mia stette sempre con me, si partí mai dal corpo mio per animarne un altro.

Ma dove il sentimento, non che essere ricambiato dalle cose, non si può neppure esprimere ad esse, da creature a lui simiglianti egli aveva un tempo sognato d'esser compreso; e poichè mai il suo sogno, il suo bisogno era stato appagato, un moto di superbia lo aveva persuaso d'avere un'anima diversa dalle comuni, di valer più che gli altri.

Il romanticismo vinceva negli anni che corrispondono alla giovinezza d'Ambrogio Bazzero le sue ultime battaglie, accompagnando il frastuono delle battaglie vere per la patria. Tutti abbiamo avuto, qual più qual meno, qualche castello nel cuore e una spada di Toledo nel pugno. I più giovani, i più timidi erano i più leggieri alle immaginazioni. Il Bazzero, d'ingegno facile, senza le noiose distrazioni del bisogno, con un'anima semplice, con tanto medioevo appiccato alle pareti del suo studio, potè meglio di molti altri ricreare quel mondo morto intorno a . lo ricreava per sola vaghezza d'antiquario, come si disse, ma perchè gli pareva che in quel mondo astratto i suoi sottili ideali respirassero meglio che nell'aria grossa della realt

Egli mi ha detto un giorno, a me che scrivo queste pagine: «Nessuno fa il carnefice di cuore gaio; io sono più italiano di voiEgli utilizzava tutto. Gli uomini, i fatti, gli avvenimenti, le passioni, divenivano nelle sue mani delle pedine che l'aiutavano a giuocar la sua partita di scacchi. Egli scandagliava un'anima, pesava un uomo con uno sguardo.

Capisco che la mia morte non rimedia a nulla, ma non ho il coraggio di vivere. Non ho voluto rientrare in seminario. Ho errato tutti questi giorni per la campagna come un'anima in pena, cercando la soluzione al terribile problema della mia vita; ma non l'ho trovata. Non so far nulla, non sono in grado di guadagnar nulla. Dopo aver rovinato mio padre ne' suoi ultimi anni, dovrei vivere a sue spese.

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