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La Ricevitoria se n'andò e la casa rimase vuota, muta, spalancato l'uscio, sparse le camere di trucioli e di pezzetti di carta lacerata. I miei passi svegliavano un'eco breve e vibrante. Ancora sull'usciolino d'una delle stanzucce si vedeva un'addizione; i numeri erano segnati con la matita.

Cenciaiuoli mal nutriti di rimasugli incessantemente colonizzati dai vermi.... Collezionisti di trucioli e di mozziconi.... Non è forse squisito il pane duro del soldato, per tutti voi che mangiate nausea bollente sotto i soffitti infeltrati di mosche delle cucine economiche? Il Presidente. La seduta è tolta! Io. Voi tutti, uomini sandwiches, ci tenete davvero, al vostro salario di venti soldi?

Ma il signor Nicola vedeva meglio di me che una screpolatura richiedeva un arpese, che un muro faceva corpo, che le assi del solaio non erano ben commesse, e raccomandava ai muratori l'economia della calce, ai manovali di sgomberare i pavimenti dai rovinacci, di spazzare i trucioli che volavano giù dalle scale. Esaminava l'intonaco, e le varie opere del legnaiuolo, e faceva le sue osservazioni.

Tornò la signora Erminia con sua sorella Paolina, molto più giovine di lei, una ragazzona di quindici anni e mezzo, pettinata ancora alla bambina, con due trucioli castagni cascanti sugli occhi, piena di salute e di cuor contento, un po' vergognosa e molto pacifica in tutti i suoi movimenti. Questa poi me la prendo io! disse don Procolo, offrendo il braccio alla ragazza che accettò subito.

Guglielmo stava cheto a contare i passi della fidanzata su per la scala, la sentiva entrare in camera, andare e venire via per il tavolato sonoro con quei cento rigiri che fanno le donne prima di coricarsi, gli passavano davanti agli occhi delle visioni piene di rapimenti, immaginava mille cose, seguiva colla mente tutti gli atti della bellissima persona. Qualche volta usciva di casa e stava cogli occhi fissi sulla finestra illuminata di Teresa, e gli sguardi erano così intensi che pareva dovessero forare i vetri e penetrare nella camera. Spenti il lume ed i rumori, Guglielmo tornava all’officina, vi accendeva una grossa lampada a petrolio appesa al soffitto, empiva la stufa e poi via per delle ore. Che bella luce dava quella lampada per tutta l’officina! Di fuori la neve in faccia alla finestra ne era illuminata per lunghissima tratta; pareva un fiume d’argento fuso che corresse fra sponde fredde e desolate; ma Guglielmo non guardava di fuori; solo nel gran sonno invernale e notturno stava curvo sul banco, maneggiava le assi come fuscelli, le fissava al granchio con una spinta da catapulta, e poi piallando ne faceva uscire dei trucioli eguali, spirali, crespi, che si ficcavano su per la buca della pialla e fioccavano a terra silenziosi e vi si ammonticchiavano. Ah! non cantava più allora, non cantava più, aveva ben altro che fare, e poi a udirlo cantare Teresa avrebbe potuto credere ch’egli volesse farsi sentire, ed al solo pensarci arrossiva come un fanciullo. Era sicuro che Teresa seguiva sveglia il suo lavoro; sapeva che ogni martellata rispondeva nel cuore dell’amante, ma voleva che le giungesse il solo rumore dell’opera; l’opera sola era necessaria e premeva, l’opera costruiva l’edifizio della loro felicit