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Il soggetto del quadro è semplicissimo: un toro di grandezza naturale, ritto, col muso rivolto verso chi guarda; una vacca accosciata in terra; alcune pecore, un pastore, un paesaggio lontano.

Il toro, fermo in mezzo all'Arena, colle corna insanguinate, anelante, guardava intorno come per dire: Ne avete assai? Uno stuolo di capeadores gli corse incontro, l'attorniò, e cominciarono a provocarlo, a aizzarlo, a farlo correre di qua e di l

Il toro non assalta sempre; ve ne son dei vigliacchi, che vanno incontro al picador, s'arrestano, e dopo un istante di esitazione, fuggono; altri, dopo il primo assalto, non assaltan più; altri, d'indole mite e benigna, non rispondon neanco alle provocazioni, si lascian venire addosso il picador, si lascian piantare la lancia nel collo, danno indietro, scrollan la testa, come per dire: Non voglio! , fuggono e poi si voltano, tutt'a un tratto, a guardare con aria attonita lo stuolo dei capeadores che gl'insegue come se volessero dimandare: Che volete da me?

Il colpo di stocco aveva tuttavia lacerata la cotenna del toro, gi

Allora, nel buttarsi dappertutto alla cieca, il toro improvvisamente vide contro l’opposta barriera il cavallo dell’altro «picador», che invano i servi di stalla, bastonando come anime dannate, cercavano di mettere in buona positura per il colpo di lancia. Fissarlo, balzare, investirlo, fu questione di pochi attimi. Lo colse in pieno, da tergo, affondando la cornata frammezzo alle due nátiche.

Tutte le nubi carnicine o rosee mi gridano stirando e snodando le braccia con mollezze di sciarpe di seta: «Ben venuto, bell'uccello temerario! Ben venutoVolo sui pesanti battiti del mare, la cui groppa floscia si schiaccia sulla spiaggia.... O promontorio! O toro che vorresti scagliarti contro di me, puntando come corna minacciose i tuoi ulivi scarniti!

Il toro vi andò contro con tanta forza, che, nonostante il colpo di lancia infittogli nella groppa, uno de’ suoi corni sparì nel ventre del ronzino, l’altro gli squarciò la spalla, e tutto fu sollevato in aria di peso, uomo e cavallo, poi rovesciato contro la barriera, schiacciato, calpesto, mentre il toro non riusciva più a districare le corna dalla orrenda ferita e scoteva rabbiosamente la cervice, cavando sterco e viscere dall’addome dilaniato.

Compiutosi di nuovo un grande cerimoniale, ricominciò il torneo di cappa e di lancia, ove il toro diede prova di furibondo valore. Poi si presentarono, a banderillare insieme in questa corrida, Gallo ed il medesimo Bombita. In una gara insuperabile di maestrìa ne piantaron all’esatto segno due paia di corto manico per ciascuno.

Ma ha un'aria così minacciosa, con la criniera eretta, gli occhi ardenti, le narici aperte e sbuffanti, che gli uomini rinculano in giro come i capeadores intorno al toro ferito che si risolleva muggendo. Non hanno però abbandonato le redini, e cautamente, con l'aiuto di cavalli addestrati, vecchi complici che lo sospingono, è condotto all'aperto.

L’animale caparbio non voleva abbassare la fronte, anzi non faceva che scuotere il capo con un muggito lamentoso, torcere il collo, aprire le fauci, quasi tentasse di leccarsi con la nera lingua le ferite. Allora, velocemente, Bombita prese la mira, scattò, colpì. Questa volta la spada rimase confitta, ma solo a mezza lama, e nei sobbalzi del toro l’elsa tentennava.