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Aggiornato: 30 giugno 2025
A sofferir tormenti, caldi e geli simili corpi la Virtù dispone che, come fa, non vuol ch’a noi si sveli. Matto è chi spera che nostra ragione possa trascorrer la infinita via che tiene una sustanza in tre persone. State contenti, umana gente, al quia; ché, se potuto aveste veder tutto, mestier non era parturir Maria;
per la similitudine che nacque del suo parlare e di quel di Beatrice, a cui sì cominciar, dopo lui, piacque: «A costui fa mestieri, e nol vi dice né con la voce né pensando ancora, d’un altro vero andare a la radice. Diteli se la luce onde s’infiora vostra sustanza, rimarr
vid'i' sopra migliaia di lucerne un sol che tutte quante l'accendea, come fa 'l nostro le viste superne; e per la viva luce trasparea la lucente sustanza tanto chiara nel viso mio, che non la sostenea. Oh Beatrice, dolce guida e cara! Ella mi disse: <<Quel che ti sobranza e` virtu` da cui nulla si ripara.
<<La Grazia che mi da` ch'io mi confessi>>, comincia' io, <<da l'alto primipilo, faccia li miei concetti bene espressi>>. E seguitai: <<Come 'l verace stilo ne scrisse, padre, del tuo caro frate che mise teco Roma nel buon filo, fede e` sustanza di cose sperate e argomento de le non parventi; e questa pare a me sua quiditate>>.
Ora, se innanzi a me nulla s'aombra, non ti maravigliar piu` che d'i cieli che l'uno a l'altro raggio non ingombra. A sofferir tormenti, caldi e geli simili corpi la Virtu` dispone che, come fa, non vuol ch'a noi si sveli. Matto e` chi spera che nostra ragione possa trascorrer la infinita via che tiene una sustanza in tre persone.
Cosi`, volgendosi a la nota sua, fu viso a me cantare essa sustanza, sopra la qual doppio lume s'addua: ed essa e l'altre mossero a sua danza, e quasi velocissime faville, mi si velar di subita distanza. Io dubitava e dicea 'Dille, dille! fra me, 'dille', dicea, 'a la mia donna che mi diseta con le dolci stille'.
vid’ i’ sopra migliaia di lucerne un sol che tutte quante l’accendea, come fa ’l nostro le viste superne; e per la viva luce trasparea la lucente sustanza tanto chiara nel viso mio, che non la sostenea. Oh Bëatrice, dolce guida e cara! Ella mi disse: «Quel che ti sobranza è virtù da cui nulla si ripara.
Allora udi': <<Dirittamente senti, se bene intendi perche' la ripuose tra le sustanze, e poi tra li argomenti>>. E io appresso: <<Le profonde cose che mi largiscon qui la lor parvenza, a li occhi di la` giu` son si` ascose, che l'esser loro v'e` in sola credenza, sopra la qual si fonda l'alta spene; e pero` di sustanza prende intenza.
indi partissi povero e vetusto; e se ’l mondo sapesse il cor ch’elli ebbe mendicando sua vita a frusto a frusto, assai lo loda, e più lo loderebbe». Paradiso · Canto VII «Osanna, sanctus Deus sabaòth, superillustrans claritate tua felices ignes horum malacòth!». Così, volgendosi a la nota sua, fu viso a me cantare essa sustanza, sopra la qual doppio lume s’addua;
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