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«Forse, voi desiderate che io vi dica il nome e l’origine di quel mio pedagogo. Egli era barbaro, per gli dei e per le dee. Scita d’origine, ed aveva il nome di colui che persuase Serse a far guerra alla Grecia. Portava quella qualifica, tanto onorata e rispettata venti mesi or sono, ora adoperata per offesa e per disprezzo, voglio dire ch’egli era eunuco, allevato dal mio avo, onde spiegasse a mia madre i poemi di Omero e di Esiodo... Avevo sette anni quando fui dato a costui. Da quel giorno, egli mi educò, seguendo sempre un sol metodo d’insegnamento. E, non volendo, egli stesso, conoscerne altri, e non permettendolo a me, riuscì a rendermi odioso a voi tutti. Ma ora, finalmente, se vi pare, libiamo alla sua memoria e facciamo pace. Egli non sapeva che io sarei venuto a voi, , dato anche che io venissi, che avrei avuto un tanto impero, quale me lo diedero gli dei, facendo violenza, credetemelo, ed a chi doveva trasmetterlo, ed a chi doveva riceverlo... Ma si faccia la volont

Tal supin casca, e rimbombar fa 'l piano Il tanto dianzi formidabil Scita; Sorger tentò, ma fu suo sforzo in vano, Chè gli toglie il vigor l'ampia ferita. Bene al campion, non dal morir lontano, Era pronto a donar l'inferno aita, Se non che 'l cielo, e i suoi messaggi ei teme; Però sel guarda bestemmiando, e freme.

12 Marfisa cominciò con grata voce: Eccelso, invitto e glorioso Augusto, che dal mar Indo alla Tirinzia foce, dal bianco Scita all'Etiope adusto riverir fai la tua candida croce, di te regna il più saggio o 'l più giusto; tua fama, ch'alcun termine non serra, qui tratto m'ha fin da l'estrema terra.

Scita di sangue; per virtù d'ingegno, Per lingua scaltra, per gentil sembianti, E per opra di man cotanto è degno, Ch'a tutti altri guerrier trapassa avanti. Tanti, e fatti fur di ciascun regno I duci sommi, e fur cotanti i fanti; Poscia nube di polve al ciel solleva Squadra, che freno a' corridor stringeva.

Or che l'occhio del ciel aggiorna in Tauro, or che 'l fior spunta ove 'l ghiaccio dilegua, or che 'l scita co' l'indo vento tregua fatt'hanno e dato è in preda il tempo al Mauro, Zefiro torna incolorar i lidi, e i pronti a tesser nidi vaghi augelletti, per lor macchie errando, natura van lodando, c'ha ricondutto cosí lieti giorni, d'aura gentile, d'erbe e fronde adorni.

Tal de lo Scita in traboccando avviene. Scorselo Alcasto da lontano, e fiero Incendio d'ira gli avvampò le vene, E segno dienne, memorando arciero. Gi

L'afro Leon lo sa, cui nullo scampo Fûr l'arse arene, e poca arma li artigli; L'Istro lo sa, che, di lor pugne al vampo, Abbondò al mare i flutti suoi vermigli; Lo san le valicate alpi, lo sanno L'ispido Scita e il mercator Britanno;