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Aggiornato: 6 giugno 2025
Nulla di nulla. La Rondine. Che disgrazia! La Salvestra. Non si confida. E sa com’è testereccia! Si tiene tutti i suoi pensieri nel suo capino ostinato e, quasi non fossero abbastanza chiusi, me li fa serrare intorno con quella treccia più ritorta d’una corda stramba. La Rondine. Le s’addice molto, veramente. La Salvestra. Ne convengo.
E le confesso che provo una certa soggezione, non so che apprensione, nel ravviarla, tanto certe volte mi par di mettere le mani nella sua doglia viva. La Rondine. Ah, vivi son di certo i suoi capelli come se si rammentassero d’essere stati serpi... La Salvestra. Serpi? La Rondine. Serpicine senza denti, Salvestra, biscioline senza capo né coda, che non fanno nessun male.
Graziosamente ella abbandona il viluppo delle vitalbe per guardarsi in uno specchietto ch’ella ha dentro una scatola di smalto insieme con un po’ di cipria e col piumino. Ne profitta rapidamente per incipriarsi il naso. La Salvestra. Non ci si bada. È tempo di ciliege. La Rondine. Sentite, Salvestra. Bisogna fare qualcosa. La Salvestra. Sentiamo. La Rondine.
Non devo avere che coraggio, coraggio, coraggio... Si riscuote e si risolleva. La donna ritorna indietro, ripassa per la terrazza dei glicini, ridiscende nella camera. La Salvestra. Non m’è riuscito di raggiungerla, né di richiamarla. Era gi
La voce di Mortella. Salvestra! Salvestra! La Salvestra. Eccomi, sono qui, sono qui, signorina. La voce di Mortella. Ah, chi m’ha legata? È una voce di sgomento, una voce d’ambascia, ancóra appresa nel buio del sonno. La Salvestra. Non mi sono mossa, non mi sono mossa. La voce di Mortella. Ah, chi piangeva su me?
Gentucca sobbalza, credendo udire una voce di dentro le cortine. La Rondine. Salvestra! Non avete sentito? Si sveglia? La donna, in punta di piedi, rattenendo il fiato, va a origliare. La Salvestra. Riposa ancóra. Spesso si lagna nel sonno, qualche volta parla. Parla da sé, sola, anche quando è sveglia, quando è chiusa in camera, durante il giorno. La sento, e credo che ci sia qualcuno.
Mi vien quasi fatto di coprirlo come quando si para il lume con una mano, perché non lo veda ardere d’allegrezza. Ho quasi vergogna d’esser felice davanti a lei. Mi piacerebbe d’aver sempre gli occhi rossi arrivando e di poterle dire: «Sai, m’hanno fatto piangere, anche me». La Salvestra. Ma non piange mica. Magari piangesse! Lo dice anche il dottore.
Era lei che piangeva? La Salvestra. No, signorina. Mortella. E chi dunque? La Salvestra. Le assicuro. Anzi era allegra. Era venuta a portarle una gran notizia! Mortella. Una gran notizia? La Salvestra. La tartaruga, quella che chiamavano Ninicchia, è ricomparsa. L’ha ritrovata dianzi sotto il leccio del Conte. Mortella. È vero?
E lui, quando uscì, era molto accigliato. La Rondine. È il Securani, quello stesso che curò il padre? La Salvestra. Quello. Ora pare che si faccia questa prova, come Dio vuole. La Rondine. E Dio faccia la grazia! Credo anch’io, Salvestra, che un bene ne possa venire. E ho visto or ora un segno di buon augurio. La Salvestra. Che segno? La Rondine.
La Rondine. Io, per me, Salvestra, mi ci perdo. C’è qualcosa. La Salvestra. Certo che c’è qualcosa. La Rondine. Ma che cosa? La Salvestra. Che vuole che le dica, signorina? La Rondine. Quell’odio contro il padrigno... La Salvestra. È odio vecchio. La Rondine. Ma non era così, prima. Che può averle fatto? La Salvestra. E che si può sapere? La Rondine. Come? Credevo che sapeste tutto. La Salvestra.
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