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23 primo secondo ben quarto sète di quei ch'errore in ciò preso hanno: 'l padre i fratelli chi a un parto ci produsse ambi, scernere ci sanno. Gli è ver che questo crin raccorcio e sparto ch'io porto, come gli altri uomini fanno, ed il suo lungo e in treccia al capo avvolta, ci solea far gi

Solo el dilecto unigenito mio Figliuolo, capo vostro, fue quello a cui non poté crescere alcuna perfeczione perché Egli era una cosa con meco e Io con lui; l'anima sua era beata per l'unione della natura mia divina. Ma voi, perregrini membri, sempre sète apti a crescere in maggiore perfeczione.

Si vole che, come io sia in Banchi, tu te ne vadi fino a casa sua e che gli dichi ch'io non mancarò di andarvi per ogni modo stanotte e portarogli e' dinari. RUFINO. Cosí farò. Ah! ah! ah! CURZIO Che hai? di che te ridi? RUFINO. Rido, ché voi gli volete dare quelle cose che sète incerto di avere. CURZIO. Come ch'io ne sono incerto? Anzi, el contrario.

Lo sai, che queste stelle, grappoli succulenti di luminose uve gonfie di rosso sugo, uve che maturarono al basso del ceppo inzaccherate dei vapori cocenti che all'orizzonte stagnano... lo sai, mio cuore, che questi grappoli siderali sono assai più saporosi d'ogni altro grappolo d'astri? Ecco di che placare l'immemorabil tua sete!...

ALESSANDRO. Io non so chi tu sia, e non t'ho visto fin ora: questi sono i testimoni che ti han visto entrare in casa mia, rubbarle e portarle via. PANFAGO. Ed è questo atto da gentiluomo? Cosí vi sète concertati con Forca, per vendicarvi dell'offesa che v'ho fatta. ALESSANDRO. Che offesa?

In te sola trovare acqua di vena per sete, campo per raccolto, foglia per ombra....

FACIO. Mira bene che non facci errore. PELAMATTI. Egli è certissimo. Non vedete che le tien sovra? FACIO. Giá le conosco. Taci tu, lascia dire a me. Galante uomo, vi vorrei dir due parole. Sto ragionando con questi gentiluomini di cose d'importanza. FACIO. Adesso adesso vi spediremo. FACIO. Vorrei sapere se sète Facio, dottor di leggi. PANURGO. Perché me ne dimandate?

FORCA. Poi pregaremo Alessandro vostro amicissimo, che preghi vostro padre, che compri da Mangone un schiavo di buon garbo, giovane di diciassette overo di diciotto anni, dell'etá tua e di Melitea che sète poco differenti di etá e di persona; e che gli ne dia quanto ne vuole per un suo disegno molto importante, e gli dia i cento scudi per caparra. PIRINO. Appresso?

Dove andrò a cenare, ché l'ora è tarda e ho fatto questione con tutti? O vitelle, o porchette, o lasagni, o sguazzetti, o saporetti che odoravate cosí suavemente; o liquore, o vino che tornavi l'anima dentro i corpi morti, dove sète andati? Sono venuti i lupi e s'hanno ingoiato la cena che son stato tutto oggi ad apprestare.

Tutta esta gente che piangendo canta per seguitar la gola oltra misura, in fame e ’n sete qui si rif