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Terminate le rappresentazioni di Pavia, il Modena doveva recarsi a Milano colla sua compagnia, per dare alcune recite a quel Teatro Re, ch'egli chiamava il suo pozzo d'oro. Parr

Dottore. E... dica, insocievole? Belcredi. No, che! Ci stava! Concertatore famoso di quadri plastici, di danze, di recite di beneficenza; così per ridere, beninteso! Ma recitava benissimo, sa? Di Nolli. Ed è diventato, con la pazzia, un attore magnifico e terribile! Belcredi. Ma fin da principio! Si figuri che, quando avvenne la disgrazia dopo che cadde da cavallo... Dottore.

La muta del filugello, la caccia, la veste o il ganzo di una comare, le novene e le recite dei Due Sergenti prestavano l'argomento a tutti i loro pettegolezzi, dal primo all'ultimo giorno dell'anno.

Il comune di Napoli gli aveva decretato molti onori, ed egli volava da festa a festa; nei templi, dove gli si offrivano sacrifizi, nei teatri, per assistere a pantomine e recite, nell'anfiteatro, nel circo, dove gladiatori, fatti venire espressamente da Roma, lo salutavano, condannati a morire; dove si faceva grande spreco di vittime umane, dove cristiani venivano dati in preda ai leoni.

La sera dopo al teatro Milanese si dava una rappresentazione mista in dialetto ed in francese. La nascente compagnia ambrosiana lasciava il posto ad una troupe française che pigliava possesso di quel palcoscenico. L'impresario aveva combinato per le ultime serate delle recite internazionali met

Quando imbruniva, profittavano del breve momento in cui non era tanto buio da accendere il lume, per cenare con pane e noci, o pane e frutta fresca, a seconda della stagione. Poi accendevano una lampadetta ad olio, e tornavano a lavorare fino alle nove. Dacchè erano venute ad abitare di contro, la sera la passavano spessissimo da noi. Ma sempre lavorando. In casa loro, il balcone aperto era l'unico distintivo dell'estate; il caldanino ai piedi era l'unico distintivo dell'inverno. Il fuoco non era mai acceso nel camino fuorchè quando s'aveva a preparare il pranzo. Stufe non ce n'erano. I caldanini erano fatti colla carbonella e duravano tutto il giorno; e dovevano prepararli in quelle ore mattutine che non mi riescì mai di sorprendere, quando nessuno, tranne le due zitellone, era fuori dal letto. Da venti, da trenta, da quarant'anni facevano sempre quella vita, tutti i giorni eguale, meschina, arida, senza un bene, strascicando una salute sciupata in una sequela di privazioni. All'estate l'aria era cattiva. Tutti s'andava in campagna; Novara rimaneva deserta. Le due sorelle s'affacciavano al balcone per vederci salire in carrozza, colle valigie, la mattina della partenza; ci salutavano colla mano, e prima che la carrozza avesse voltata la cantonata, erano ancora sedute ai loro posti, coi loro lavori. Passavano per noi tre mesi di gite, di vendemmie, di merende, di balli campestri, di recite di beneficenza, di spassi d'ogni maniera; ed alla fine di novembre, arrivando in citt

Quando cadde il sipario, le fece portare in camerino il suo biglietto di visita. Ma ella si rifiutò di riceverlo. volle vederlo alla fine del dramma. Così, egli assistette a nove delle dodici recite; ed ella continuò a non volerlo ricevere. Poichè ella era astuta e fine; e aveva trentotto anni; e conosceva il cuore degli uomini.

Il re, con la Marchesa, come i cortigiani chiamavano la Pompadour, vi andavano spesso, preferendo i giardini di Lenôtre al Louvre; e in quello splendido soggiorno, ancora tutto pieno delle memorie del gran re e del gran secolo, le feste si succedevano, una più variata dell'altra: balli, ricevimenti, caccie, recite, e frammezzo a tutto questo, i facili intrighi, improntati della leggerezza del tempo, si legavano, rompevano e riannodavano incessantemente.