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Aggiornato: 16 giugno 2025
Salutai gli amici e verso mezzanotte mi ridussi al caffè Ferruccio. I miei quattro compagni, non avevano mancato all'appello e cominciavano a susurrare della mia tardanza; alcune nostre conoscenze fiorentine, colle quali potevamo fidarsi a chiusi occhi, si erano assise al nostro tavolino, e sotto voce ci davano qualche conforto, o si lamentavano di non poterci seguire.
Il divano con le nostre figure si rifletteva nello specchio dell'armario. Senza guardarci noi potevamo vedere i nostri volti ma non bene distinti perché la luce era scarsa e mobile. Io consideravo fissamente nel fondo vago dello specchio la figura di Giuliana che prendeva a poco a poco nella sua immobilit
Così ci accordammo a trovare, senz'altre parole, che non c'era uscita, e ci alzammo da sedere, pressochè ad un punto. Nel congedarmi da lui fui per domandargli se ci potevamo vedere ancora, e mi trattenni per non correre il pericolo della risposta peggiore. Mi parve delicatezza non stendergli la mano. Fu lui che per il primo ne fece l'atto e subito si pentì, pensando a suo fratello.
«Lei mi ha testè portata la Sua poesia. Sono commossa, molto commossa; ha potuto vederlo! Chiedo a Dio perchè non ci abbia fatti incontrare molti anni prima, quando forse potevamo essere felici. Sono tuttavia contenta, in certo malinconico modo, anche di un incontro così tardo e breve. Benchè io non creda alla stabilit
Si tacque ancora un poco, e poi Violet mi pregò a dirle i versi dell'agave: Ecco, superbo ascende il fior dell'agave. Arde nel cielo splendido il mio sol. Li recitai o soggiunsi tosto che non pensavo più alla gloria, che pensavo solo ad esser felice con lei, per lei, di lei sola. Meglio se potevamo nascondere la nostra vita in qualche umile paese come Geisenheim.
V'eravamo giunti per una via serpentina, talchè, volgendoci, potevamo ritrovar coll'occhio il percorso fatto. Lidia, nella quale l'incontro delle gallerie aveva ridestata la maraviglia graziosamente loquace delle prime tappe, si lamentava del freddo, soffiato coll'aria violenta, che trovandoci in abiti estivi aveva buon giuoco anche sulle coperte da viaggio cui eravamo ricorsi.
Signorina, disse il galante sottoprefetto, dopo le cerimonie d'uso, non potevamo più vivere senza di Lei. La sua presenza è necessaria a Castelnuovo. Eravamo gi
Chiesi pensava alla sua mamma, Federici alla sua signora e alla sua bimba che spasimava di vedere, don Davide alla sua Teresa, la sorella che lo idolatra e Suzzani a sua madre che nominava sovente. Potevamo star su fino alle dieci. Alle otto eravamo tutti a letto. Chiesi russava maialescamente da dieci minuti. Gustavo Chiesi. Gustavo Chiesi è uscito dalle pagine di Mazzini.
Desideravamo l'autunno, la stagione più cara, più intima, più dolce per la nostra lunga contemplazione amorosa. Era forse una foglia, la prima che si staccava dal ramo, che ci diceva quanto noi potevamo essere felici? Desideravamo i crepuscoli rosei, colla mitica stella di Lucifero, colla sottile falce della luna, coi cirri spolverizzati d'oro: e quando voi, o colombi, stendevate il volo su quel terrazzo fiorito, l
Ci portava alla mattina una minestra per venticinque centesimi, la quale, in galera, potevamo dire buona e delle porzioni di gnocchi di patate che mandavano in visibilio Romussi. Neanche la mia cuoca saprebbe cucinarli così bene!
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