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POLINICO. Egli è meglio perdere dicendo il vero che vincere con le bugie. FESSENIO. El vero dico io come tu. Ma non son giá un messer tutto-biasma come sei tu; che, per quattro cuius che tu hai, savio esser ti pare che credi che ogni altro, da te in fuora, sia una bestia.

FESSENIO. Per lo corpo... LIDIO. Non dir cosí, Polinico. POLINICO. Eh! Lidio, tutto so meglio che tu e che quel ribaldo del tuo servo. FESSENIO. A dispetto di... che io li... POLINICO. L'omo prudente pensa sempre quello li venire in contrario. FESSENIO. Eccoci su per le pedagogarie.

Come se noi non cognoscessimo questo ipocrito poltrone! che ci ha tutti turbati in modo che io narrare tu ascoltar potremo certa bella cosa di Calandro. LIDIO. Di', di'; ché con questa dolcezza leverem l'amaritudine che ci ha lassata Polinico. LIDIO, FESSENIO servo. LIDIO. Or parla.

POLINICO. Deh! deh! Orsú! Non voglio con un servo... LIDIO. Orsú! Fessenio, non piú. FESSENIO. Non minacciare: ché, benché io sia vil servo, anco la mosca ha la sua collora; e non è picciol pelo che non abbi l'ombra sua, intendi? LIDIO. Taci, Fessenio. POLINICO. Lassami seguire con Lidio, se ti piace. FESSENIO. E del buon per la pace. POLINICO. Ascolta, Lidio.

E se pur ciò fia, non m'hai tu nelle tue lezioni mostro che è gran laude morire in amore e che bel fin fa chi bene amando more? POLINICO. Orsú! Fa' pure a tuo modo e di questa bestia qui. Presto presto potresti cognoscere con tuo danno li effetti d'amore. FESSENIO. Fermati, o Polinico. Sai tu che effetti fa amore? POLINICO. Che? bestia!

E non sei però Salamone; consideri che una cosa al vecchio, una al giovane, una ne' pericoli e una nel riposo si conviene. Tu, che vecchio sei, la vita tieni che a lui ricordi. Lidio, che giovane è, lassa che le cose faccia da giovane. E tu al tempo ed a quel che piace a Lidio te accomoda. POLINICO. Egli è ben vero che un padrone quanti ha piú servi tanti piú ha inimici.

per ciò mi dolgo, perché chi in questo mondo sempre si sta ha il viver morto. Se vero è che un bon servo non deve mai avere ozio, io pur tanto non ne ho che possa pure stuzzicarmi li orecchi. E, se niente mi mancava, un'altra amorosa pratica mi è pervenuta alle mani, la qual mille anni parmi di conferire con Lidio che di qua viene. Ed, oh! oh! oh!, seco è quel Momo di Polinico suo precettore.

POLINICO. Come questo vostro amore fia piú noto, oltre che in gran pericolo starai, tu sarai da tutti tenuto una bestia. FESSENIO. Pedagogo poltrone! POLINICO. Perché, chi non dileggia e non odia li vani e li leggeri? Come diventato sei tu che, forestiero, ti sei posto ad amare. E chi? Una delle piú nobil donne di questa cittá. Fuggi, dico, e' pericoli di questo amore.

Non sai tu che i compagni d'amore sono ira, odii, inimicizie, discordie, ruine, povertá, suspezione, inquietudine, morbi perniziosi nelli animi de' mortali? Fuggi amor; fuggi. LIDIO. Oimè! Polinico, non posso. POLINICO. Perché? FESSENIO. Per mal che Dio ti dia. LIDIO. Alla potenzia sua ogni cosa è suggetta.

Non sappiam noi che le donne sono degne che oggi non è alcuno che non le vadi imitando e che volentieri, con l'animo e col corpo, femina non diventi? POLINICO. Altra risposta non voglio darvi. FESSENIO. Altro in contrario dir non sai.