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Aggiornato: 8 giugno 2025


Oggi, prima di partire, mi sono recato a rivedere le rovine del castello è il primo giorno di settembre, mancano sei mesi all'epoca della mia morte sei mesi, meno dieci giorni giacchè non dubito che morrò in quel giorno prefisso. Ho concepito lo strano desiderio che rimanga alcuna memoria di me.

Ma che! Lasciamo gracchiare i cattivi, che ne hanno interesse! Quando stavo per partire mi avevano messo tanti scrupoli: "vedr

No, sarebbe villanìa partire senza una parola ai compagni. D'altronde ho qualche impegno... Va, va pure; fra dieci minuti sarò a casa. Sicuro? Sicurissimo. Non mancate. No. E presto... Ho gi

e vederai color che son contenti nel foco, perche' speran di venire quando che sia a le beate genti. A le quai poi se tu vorrai salire, anima fia a cio` piu` di me degna: con lei ti lascero` nel mio partire; che' quello imperador che la` su` regna, perch'i' fu' ribellante a la sua legge, non vuol che 'n sua citta` per me si vegna.

No, non bisogna. Che bene ne può venire? Basta guardarti. Basta respirare quest’aria, respirare questa luce, sentirti vivere, sentir vivere queste cose intorno a te. No, non è possibile. Ti supplico. Me ne vado. Lo porterò via. Non ci vedrai più, me, lui. Stanotte stessa partirò, lo farò partire. Prima dell’alba saremo lontani, al confine del mondo. Te lo giuro. Mortella. Mamma!

Va bene... Sebbene non sia facile, io otterrò che tu sii lasciata libera... ma a partire da Venezia ora... in questo momento... non ci pensare... Che cosa direbbe la gente?... No, no, tutti crederebbero che tu fossi fuggita... Tutto quello che io ho detto, che io ho fatto in questi giorni per te sarebbe inutile... E i maligni avrebbero ragione e si stropiccerebbero le mani!... No, no... spero mi ubbidirai... tu non devi partire!

Ora, il partire così, presso alla mezzanotte, non metteva più conto; poichè, fossero pure andati di galoppo avrebbero trovate chiuse le porte per rientrare in citt

Questi non si vogliono partire del campo della bactaglia per tornare a casa per la gonnella, cioè per la gonnella propria, che egli lassò, del piacere piú a le creature e temere piú loro che me Creatore suo; anco con dilecto sta nella bactaglia, pieno e inebriato del sangue di Cristo crocifixo.

Bisogna sempre partire subito, quando si vuol andar via. Se si ritarda, si resta. Tu dici che bisogna andar via? egli chiese, guardandola, coi suoi torbidi occhi pieni d'incertezza. , , . Dove andremo? Dove ci porter

E poichè ho nominato Alonso Cano, nativo di Granata, uno dei più valenti pittori spagnuoli del secolo decimosettimo, che sebbene discepolo della scuola sivigliana piuttosto che fondatore, come altri vorrebbe, d'una scuola sua, non è meno originale dei suoi più grandi contemporanei; voglio metter qui alcuni tratti della sua indole e della sua vita, poco conosciuti fuori di Spagna, ma singolarmente notevoli. Alonso Cano fu il più accattabrighe, il più iroso, il più violento dei pittori spagnuoli. Passò la vita litigando. Era ecclesiastico. Dal 1652 al 1658, per sei anni consecutivi, senza un giorno d'interruzione, litigò coi canonici della cattedrale di Granata, della quale egli era ragioniere, perchè non voleva, giusta i patti stipulati, diventare suddiacono. Prima di partire da Granata, spezzò colle sue mani una statua di sant'Antonio da Padova, che aveva fatto egli stesso d'incarico d'un auditore della Cancelleria, perchè costui si permise di osservargli che il prezzo che gliene domandava gli pareva un po' caro. Nominato maestro di disegno del principe reale, che, a quanto pare, non era nato col bernoccolo della pittura, lo aspreggiò in tal maniera, che lo costrinse a ricorrere al Re per esser levato dalle sue mani. Rimandato, per una grazia speciale, a Granata, presso il Capitolo della cattedrale, serbò così profondo il rancore degli antichi suoi litigi con quei canonici, che in vita sua non volle più dare una pennellata per loro. Ma questo è poco. Nutriva un cieco, bestiale, inestinguibile odio contro gli ebrei, e s'era ficcato in capo che il toccare in qualunque modo un ebreo o un qualsiasi oggetto stato toccato da lui, gli dovesse recare sventura. Con questa fissazione fece le più strampalate stravaganze del mondo. Se passando per la strada urtava in un ebreo, si levava issofatto il vestito infetto, e tornava a casa in maniche di camicia. Se per caso riusciva a scoprire che, lui assente, un servitore aveva ricevuto un ebreo in casa sua, cacciava il servitore, buttava via le scarpe colle quali aveva premuto l'impiantito profanato dal circonciso, faceva disfare e rifare, qualche volta, persino l'impiantito. E trovò modo di litigare anche morendo. Essendo ridotto in fin di vita, e presentandogli il confessore un crocifissaccio fatto coll'accétta perchè lo baciasse, egli lo spinse in l

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