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Aggiornato: 4 giugno 2025
E voi mi avete ricambiato d'amore per questo: di quell'amore sincero, puro, spontaneo che porge conforto, nelle più dure prove, alla vita e non concede all'anima stanca di travolgersi nell'ira, nel dubbio o nell'egoismo. Rimanga tra noi quel patto d'amore. E possa io, non foss'altro, vedervi prima dell'ultima ora concordemente avviati al compimento della vostra missione.
Perocchè Ramengo, appena si trovò campato dal pericolo di cadere ammazzato dal proprio figliuolo, comincio fra sè a rammaricarsi e indispettirsi. E abituato com era ad imputare sempre altrui le conseguenze dei suoi proprj delitti, ed a cercare nell'ira rimedio ai rimorsi, anche per questo accidente voleva sempre maggior male al Pusterla. Perchè egli m'ingannò col mostrarsene amoroso, uccisi la mia donna. Un figlio almeno mi restava di lei, un figlio che poteva formare la mia compiacenza, rendermi invidiato da quelli che ora mi disprezzano, ed ecco fra noi cacciarsi di nuovo quest'infame, e per le pazze sue fantasie, padre e figlio rimangono divisi, inimicati. Ma no; mai non desisterò finchè io non riesca a riconciliarmi col figliuol mio. Torrò di mezzo costui che l'affascina, allora ci ravvicineremo io ed Alpinolo; ricomparirò con esso nella societ
Adunque nella prima parte, continuandosi a quello che nella fine del precedente canto ha detto, cioè come con Virgilio entrasse in cammino, dice dove pervenne, cioè alla prima porta dell'entrata d'inferno; sopra la qual, dice, vide scritto: «Per me», cioè per entro me, «si va nella cittá dolente», cioè nella cittá di Dite, dolente in perpetuo per li dannati spiriti li quali dentro vi sono; della qual cittá, percioché pienamente se ne scriverá in questo libro appresso nel canto ottavo, qui non curo di dirne alcuna cosa; «Per me si va nell'eterno dolore», al quale dannati sono coloro li quali muoiono nell'ira di Dio; «Per me si va tra la perduta gente». Dice «perduta», percioché alcuna potenza di bene adoperare non è in loro; e questi cotali meritamente si posson dir perduti. «Giustizia mosse», a farmi: e la giustizia che 'l mosse fu la superbia del Lucifero, la quale meritò eterno supplicio; il quale Iddio volle tanto da sé dilungare, quanto piú si potea, e perciò, nel centro della terra gittatolo, quivi la sua prigione fece, e volle quella similmente esser prigione di tutti quegli li quali contro alla sua deitá operassero; «il mio alto Fattore», cioè Iddio; «Fecemi la divina Potestate», cioè Iddio Padre, al quale è attribuita ogni potenza; «La somma Sapienzia», cioè il Figliuolo, il quale è sapienza del Padre, «e 'l primo Amore», cioè lo Spirito santo, il quale è perfettissima caritá, igualmente moventesi dal Padre e dal Figliuolo.
Parola Del Giorno
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