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Non ha trïonfo e pace Questo agitato vortice Di affanni e di piaceri. Come in silice abietta Prigioniera scintilla, Così l'anima, eletta A miglior sorte, ascondesi Ne la mortale argilla. Dio ve la chiuse; al solo Cenno del suo pensiero Ella discioglie il volo, Mesce il suo raggio a l'iride Del sempiterno Vero.

Intanto il signor Asdrubale ha sbottonato il farsettone, ha cavato di tasca il taccuino, e si è riabbottonato da cima a fondo. Il giovane leva anch'esso il taccuino ed estrae un biglietto di cinquanta lire che porge all'avversario. Ricomincia la partita. Questa volta è il signor Asdrubale che mesce, ma è ancora Donato che perde.

E gli mescè che bevesse, come fosse stato un suo ospite.

Ride e trema insieme, e si sente come oppresso dalla vergogna e dal rimorso, e ricerca di soppiatto un'accusa sul volto del signor Asdrubale, il quale ora è entrato nel guscio del giocatore vero e mesce le carte con sicurezza e depone il mazzo sul tavolino. «Che gioco preferisce il signor Donato?

Quel prode generale era stato ferito a Calatafimi, e non ricordo se si trovasse in quel giorno a Caserta. Dispaccio di Farini a Bonaparte. E l'uomo, e le sue tombe, e l'estreme sembianze E le reliquie della terra e del ciel Travolge il tempo. De questi affari no ve ne mescé, Lasciè fa i frati, che l'e o seu mestè.

S'è veduto che cominciando a istruire militarmente i bambini appena che sono spoppati diventano poi eccellenti coscritti. Uno degli astanti non potè più reggere a star serio e tutti scoppiarono nella risata. La Giannella, avvezza a queste cose, alzò le spalle, mescè un bel bicchiere di vino e se lo trangugiò in un fiato in santa pace.

92 Come il gran fiume che di Vesulo esce, quanto più inanzi e verso il mar discende, e che con lui Lambra e Ticin si mesce, ed Ada e gli altri onde tributo prende, tanto più altiero e impetuoso cresce; così Ruggier, quante più colpe intende di Marganor, così le due guerriere se gli fan contra più sdegnose e fiere.

Si allarga il cuore a Donato. «Accetto, dice egli, e soggiunge come obbedendo ad un'ispirazione: ma questa volta chi ha il fante di picche perde. È l'ultima posta, ansiosa come la prima; è la minaccia d'un male senza rimedio, è l'estrema parola della sciagura. Il giovine mesce, taglia, fa tutto da ; l'avversario lascia fare.

Passano i giorni ed il maneggio cresce, dall'una parte e dall'altra riscalda; il merto col demerito si mesce. Marfisa si mostrava molto calda. Ipalca co' viglietti or entra, or esce: pensa che non istava un'ora salda, tanto che, quando era giunta la notte, maledicea i votanti e le pallotte. Orlando molto si rammaricava a trovar infinite negative.

Il quadro del Van der Helst, (pittore del quale non si sa nulla, eccetto che nacque in Amsterdam sul principio del secolo decimosettimo, e vi passò una gran parte della sua vita) rappresenta un banchetto col quale la guardia civica di Amsterdam festeggiò la pace di Munster il 18 giugno del 1648. Il quadro contiene venticinque figure di grandezza naturale, tutte ritratti fedelissimi di personaggi noti, dei quali si conservano i nomi. Sono ufficiali, sergenti, portabandiere, guardie, aggruppati intorno a una mensa, che si stringono la mano, si portano brindisi, si apostrofano; e chi taglia, chi mangia, chi sbuccia aranci, chi mesce. Il quadro del Rembrandt è un'apparizione fantastica; il quadro del Van der Helst è uno specchio che riflette una scena reale. Non c'è unit