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Aggiornato: 9 maggio 2025


I due birri, che stavano di guardia alla porta della sala, ogni tanto facevano cenni con le mani, prima che cominciasse l'udienza, e il silenzio a un tratto si ristabiliva. Poco dopo le vociferazioni, le esclamazioni d'impazienza ripigliavano, e i birri, chiamandoli per nome, minacciavano di far uscire i più rumorosi.

Poi, non c'è cosa che invecchi un uomo anzi tempo, come la pratica forense. Alla mattina, anche prima di asciolvere, e sto per dire di essersi levato il sonno dagli occhi, ci sono le conclusioni da finire pel causidico, i punti controversi da chiarire, la «concione» da meditare per l'udienza vicina. Il tribunale vi ruba le due o tre ore, spesso colla noia di attendere che sia chiamata la vostra causa. Tornate a casa, seguito dalle benedizioni o dai moccoli del cliente, e vi assediano da capo i procuratori con altre conclusioni da preparare, clienti che non pagano e vi chiedono un consulto, societ

Di guisa che, uscendo, S. E. l'accompagnò fino all'anticamera, cosa inaudita! Per un caso bizzarro, monsignor Laudisio aspettava nel salone l'udienza del ministro. Gli sguardi dei due vescovi s'incrociarono.

Avranno osservato, durante l'udienza, che il suo braccio trema con una specie di movimento paralitico... Solite simulazioni di questi furfanti! interruppe l'auditore Pantellini.

Un'ebrea! gridava il re, che odorava il Sant'Uffizio. E non potendo impallidire, poichè non glielo avrebbe consentito il colore ad olio, la sovrapposta vernice, balzava indietro come uomo che si avveda di aver posto il piede sulla coda d'un serpe. Ma l'udienza, che non partecipava agli scrupoli alle paure del re, gli dette apertamente dell'asino.

E si noti che non la volevano smettere così presto; passeggiavano infervorandosi sempre più, e fermandosi ad ogni tratto per udir le sentenze del marchese Antoniotto, il quale amava ascoltar gli altri passeggiando, ma voleva parlare stando fermo e facendo star ferma l'udienza. Il Torre Vivaldi era senatore anche in villa.

L'udienza fu per quel giorno terminata. All'indomani, la folla aumentò ancora. Si trattava di sentire la requisitoria del Pubblico Ministero, la difesa ed il verdetto. La sorte fu favorevole all'accusata: il Pubblico Ministero si mostrò assai indulgente, mite per lei; l'avvocato la difese con tanto calore, che persino i giurati avevano le lacrime agli occhi.

Frattanto, a chetare il tumulto comparve Barudda al proscenio, e senza riguardo alcuno per Filippo II e per la prima donna, salutò l'udienza con uno dei soliti suoni, per vibrare i quali egli non aveva neppur bisogno di farsi arco alle labbra col pollice e coll'indice tesi. Quello era il quos ego di Nettuno ai venti scatenati, e bastò a ricomporre ogni cosa.

Mise la sua mano bianca, morbida, in quella ruvida e nervosa dell'auditore Pantellini: quindi, alzandosi, esclamò: Signori!... è tardi, dobbiamo entrare in udienza. L'auditore Lechini corse al cordone del campanello e lo tirò. Subito comparve un usciere. Andate ad avvertire il signor Avvocato Fiscale e il Cancelliere che il signor presidente vuol cominciare l'udienza...

Può credere Vostra Altezza?... Che ne so io? Rammentate il proverbio: chi non è con me, vuol esser contro di me. Andate ora, e Nostro Signore v'abbia nella sua santa guardia. Così dicendo, il re Ferdinando fece un gesto che parve dare al capitano Fiesco la sua benedizione. L'udienza era finita.

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