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Aggiornato: 26 giugno 2025


Poi ch'a te chiuse sono ambe le porte de gli occhi e de l'orecchie, anima mia, ond'esser può che più letizia speri? Pensa misero a te, chi ti conforte che me al mio bene ad ora ad or n'invia il santo amor con l'ale de i pensieri. Dello stesso Oh se tra queste ombrose e fresche rive, ch'or cercan solitarii i passi miei, meco ne fosse e con amor con lei, di cui 'l cor sempre parla e la man scrive;

Io era ben del suo ammonir uso pur di non perder tempo, si` che 'n quella materia non potea parlarmi chiuso. A noi venia la creatura bella, biancovestito e ne la faccia quale par tremolando mattutina stella. Le braccia aperse, e indi aperse l'ale; disse: <<Venite: qui son presso i gradi, e agevolemente omai si sale.

Anima bella che dal padre eterno creata prima in ciel nuda e immortale, or vestita di vel caduco e frale, mostri qua giuso il gran valore interno: da gli alti chiostri in questo basso inferno u' si n'aggrava il rio peso mortale, scendesti a torne noia e a darne l'ale al sommo bello, al sommo ben superno;

A l ciel or triunfando spiego l'ale; N on ho di sorte ch'io piú tema l'onte, D a poi ch'anti altera e degna fronte R agiono, ed ella udirmi assai le cale; E perché del suo nome alto immortale A lzar piú non potrei le note cònte, S crissile in capo de' miei versi al monte, D ove salir vorrei con piú alte scale.

di ferro minacce di morte, mentre animosamente spiega l'ale di fede, mai paventa un uomo forte. Però la forza lor in noi che vale? Giá chi congiunse il ciel altrui non scioglie perché non svaria mai corso fatale. Lasciali pur empir lor empie voglie: livido cuor sol di se stesso è pena, e chi semina tòsco, tòsco accoglie.

La concubina di Titone antico gia` s'imbiancava al balco d'oriente, fuor de le braccia del suo dolce amico; di gemme la sua fronte era lucente, poste in figura del freddo animale che con la coda percuote la gente; e la notte, de' passi con che sale, fatti avea due nel loco ov'eravamo, e 'l terzo gia` chinava in giuso l'ale;

Stavami ne le fascie stretto e solo, come l'augelletto, il qual distende l'ale, ma non s'innalza e n'ha gran dolo. Chi su, chi giú quel tutto che s'intende da l'uom, se non a pieno, almen in parte, va, vien, traversa, corre, monta e scende. Ciascun mai d'Omonía non si diparte! cosí la cantatrice udi' chiamare, che i passi altrui col canto suo comparte.

Tal'era Enrico, ed a pugnar più ria La spada ei volge, e Reduano assale. Quando quadrel da la faretra uscìa D'Alcasto in aria, e sibilò su l'ale; Spingeasi al cor, ma s'abbassò per via, E nel ginocchio s'internò lo strale, E sloga l'osso, onde movendo il passo Cadde il guerrier sul manco piede a basso.

MARTEBELLONIO. Per un mozzo di camera. LECCARDO. Come? gli attaccate l'ale dietro per farlo volar nel cielo? MARTEBELLONIO. L'attacco le lettere al collo con un sacchetto di pane che basti per quindici giorni, poi lo piglio per lo piede e me lo giro tre volte per la testa e l'arrandello nel cielo.

La fama, il grido e l'onorevol suono di vostra gran beltá, madonna, è tale, che 'n voi tanto 'l desio giá spiega l'ale, che non mi val s'addrieto il giro o sprono. Di che s'al nome sol l'arme ripono con cui spuntai d'Amore piú d'un strale, or che fia poi vedendo l'immortale aspetto vostro, a noi raro dono? Ma, lasso!

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