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Aggiornato: 25 luglio 2025
Lo 'mperador del doloroso regno da mezzo 'l petto uscia fuor de la ghiaccia; e piu` con un gigante io mi convegno, che i giganti non fan con le sue braccia: vedi oggimai quant'esser dee quel tutto ch'a cosi` fatta parte si confaccia. S'el fu si` bel com'elli e` ora brutto, e contra 'l suo fattore alzo` le ciglia, ben dee da lui proceder ogne lutto.
levatemi dal viso i duri veli, sì ch’ïo sfoghi ’l duol che ’l cor m’impregna, un poco, pria che ’l pianto si raggeli». Per ch’io a lui: «Se vuo’ ch’i’ ti sovvegna, dimmi chi se’, e s’io non ti disbrigo, al fondo de la ghiaccia ir mi convegna». Rispuose adunque: «I’ son frate Alberigo; i’ son quel da le frutta del mal orto, che qui riprendo dattero per figo».
«Prima ch’io de l’abisso mi divella, maestro mio», diss’ io quando fui dritto, «a trarmi d’erro un poco mi favella: ov’ è la ghiaccia? e questi com’ è fitto sì sottosopra? e come, in sì poc’ ora, da sera a mane ha fatto il sol tragitto?». Ed elli a me: «Tu imagini ancora d’esser di l
com'era quivi; che se Tambernicchi vi fosse su` caduto, o Pietrapana, non avria pur da l'orlo fatto cricchi. E come a gracidar si sta la rana col muso fuor de l'acqua, quando sogna di spigolar sovente la villana; livide, insin la` dove appar vergogna eran l'ombre dolenti ne la ghiaccia, mettendo i denti in nota di cicogna.
«Prima ch’io de l’abisso mi divella, maestro mio», diss’ io quando fui dritto, «a trarmi d’erro un poco mi favella: ov’ è la ghiaccia? e questi com’ è fitto sì sottosopra? e come, in sì poc’ ora, da sera a mane ha fatto il sol tragitto?». Ed elli a me: «Tu imagini ancora d’esser di l
<<Prima ch'io de l'abisso mi divella, maestro mio>>, diss'io quando fui dritto, <<a trarmi d'erro un poco mi favella: ov'e` la ghiaccia? e questi com'e` fitto si` sottosopra? e come, in si` poc'ora, da sera a mane ha fatto il sol tragitto?>>. Ed elli a me: <<Tu imagini ancora d'esser di la` dal centro, ov'io mi presi al pel del vermo reo che 'l mondo fora.
levatemi dal viso i duri veli, si` ch'io sfoghi 'l duol che 'l cor m'impregna, un poco, pria che 'l pianto si raggeli>>. Per ch'io a lui: <<Se vuo' ch'i' ti sovvegna, dimmi chi se', e s'io non ti disbrigo, al fondo de la ghiaccia ir mi convegna>>. Rispuose adunque: <<I' son frate Alberigo; i' son quel da le frutta del mal orto, che qui riprendo dattero per figo>>.
Di fianco a lei, sopra un tavolino era un calice d'acqua ghiaccia, per le labbra in arsura; insaziabile, la sete della fatica doveva torturarla.
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