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<<Prima ch'io de l'abisso mi divella, maestro mio>>, diss'io quando fui dritto, <<a trarmi d'erro un poco mi favella: ov'e` la ghiaccia? e questi com'e` fitto si` sottosopra? e come, in si` poc'ora, da sera a mane ha fatto il sol tragitto?>>. Ed elli a me: <<Tu imagini ancora d'esser di la` dal centro, ov'io mi presi al pel del vermo reo che 'l mondo fora.

«Prima ch’io de l’abisso mi divella, maestro mio», diss’ io quando fui dritto, «a trarmi d’erro un poco mi favella: ov’ è la ghiaccia? e questi com’ è fitto sottosopra? e come, in poc’ ora, da sera a mane ha fatto il sol tragitto?». Ed elli a me: «Tu imagini ancora d’esser di l

«Prima ch’io de l’abisso mi divella, maestro mio», diss’ io quando fui dritto, «a trarmi d’erro un poco mi favella: ov’ è la ghiaccia? e questi com’ è fitto sottosopra? e come, in poc’ ora, da sera a mane ha fatto il sol tragitto?». Ed elli a me: «Tu imagini ancora d’esser di l

<<Prima ch'io de l'abisso mi divella, maestro mio>>, diss'io quando fui dritto, <<a trarmi d'erro un poco mi favella: ov'e` la ghiaccia? e questi com'e` fitto si` sottosopra? e come, in si` poc'ora, da sera a mane ha fatto il sol tragitto?>>. Ed elli a me: <<Tu imagini ancora d'esser di la` dal centro, ov'io mi presi al pel del vermo reo che 'l mondo fora.

Che, incenerito il reo manto e la stola, Di cui nascondi invan l'anima fella, De le vive tue carni ogni parola Un bran vivo divella! D'ossa e di polpe ignuda La negra anima tua sensibil resti; Ch'io l'afferri, e nei miei pugni la chiuda, E co 'l piè la calpesti! Forse canuto a par di te non era Vecchio cadente anch'io? Non era tua quell'itala bandiera, A cui tutto fu sacro il viver mio?