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Aggiornato: 14 giugno 2025
Che gioia, quando il marchese di Lucena, comparso improvvisamente nella casa di Gil García, ebbe detto al Fiesco: "signor conte, andate subito alle carceri del palazzo di giustizia; la marchesa di Moya vi aspetta col
Molestie dell'ufficio, naturalmente; e la Guardia non poteva esser sempre gioiosa, pel suo degno custode. Ci abbandonate? gli chiese frate Alessandro, che per fortuna di giuoco veniva ad essergli più vicino, e lo vedeva muoversi di scatto dalla panca. Per forza; rispose don Garcìa. Ed anche, diciamolo pure, con un certo piacere. Arriva il nostro Giovanni Passano.
Nè altre molestie ebbe don Garcìa, che veramente non le meritava. E tutti sapendo ch'egli era stato buon compagno di rischi del capitano Fiesco, nessuno conobbe mai quale alto ufficio avess'egli esercitato in Haiti.
Avete ragione, signor conte; aveva risposto don Garcìa, chinando umiliato la fronte.
Tacevano le sue gesta i pochissimi che avrebbero potuto parlarne; frate Alessandro, ad esempio, suo conterraneo e suo introduttore alla mensa soldatesca nel bosco di Xaragua; Giovanni Passano e Pietro Gentile, che di aiutanti del Fiesco essendosi mutati in aiutanti di don Garcìa per una lugubre impresa, non avevano nessuna ragione di vantarsene, quantunque nella brutta occasione avessero imparato a stimare quell'uomo.
Ma mentre egli pensava con gratitudine alla Rabida, don Juan Perez di Marcena scendeva dal colle ad incontrare l’amico. E con lui veniva il medico don Francisco Garcia.
Gil Garcìa, tutto il mondo è paese; aveva risposto l'Almirante. E Valladolid è una gran capitale, se ha la tua casa per reggia.
Gian Aloise è sempre il più forte? entrò a dire don Garcìa. E sempre bene coi francesi? E come! rispose il Passano. Non si muove foglia che Gian Aloise non voglia. Quasi si direbbe che in Genova sia lui il padrone, com'è il capitano generale di tutta la Riviera di Levante. Ci sono i francesi nel Castelletto.
A Siviglia lo accompagnarono sette dei dieci naturali che egli aveva condotti da Guanahani e da Cuba. Uno era morto in viaggio; due erano infermi, e furono lasciati a Palos, affidati alle cure amorevoli di don Francisco Garcia.
Mai suocera al mondo meritò tanto un simile omaggio, od altro assai meno cerimonioso di quello. Come sta madonna Bianchina? gli domandava frattanto il Fiesco. Bene, benissimo; e saluta, s'intende, e abbraccia la sua bella mamma. Perchè non condurla con voi? Era la stessa domanda di don Garcìa; ed ebbe l'istessa risposta.
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