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Aggiornato: 3 giugno 2025
Che se i signori Dobelli, e la voce di Folco Filippeschi si fece timida, mentre gli si scoloriva il volto pel batticuore, avessero voluto vedere in quel dono una speranza, una promessa, un vincolo, egli ne sarebbe stato felice; e allora avrebbe pregato Gioconda di leggere ciò che l'anello diceva nella faccia interna.
Ma Folco riflettesse: sposando quella ragazza, non avrebbe mai più riveduto nè padre, nè madre, nè sorella; questi, dal giorno in cui egli avesse dato nome e titolo di contessa Filippeschi alla predetta Dobelli Gioconda, lo avrebbero pianto per morto.
Gioconda non aveva detto il più e il meglio. Non appena tornato da Parigi, e fatto il conto di ciò che gli rimaneva, Folco Filippeschi s'era dovuto mettere alla ricerca d'un impiego. Sperava di trovare un posto pel quale la sua coltura non fosse inutile; ma i suoi sforzi erano riusciti vani, uno dopo l'altro.
Sai, gli disse. Testardi! È la razza. Io sperava, rispose Folco timidamente, di poter presentare mia moglie alla mamma e a Giselda... Corradino levò le braccia al cielo. Non te lo sognare! esclamò. Giselda e tua madre ignorano che tua moglie esista: lo ignoreranno sempre. E aggiunse, quasi come un ritornello: Che vuoi? È la razza. Come dice la divisa di casa Filippeschi? «Crolli il mondo».
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