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Il tuo nome cantando alla patria, Quali degg'io Fra tue grazie e bellezze moltiplici Più memorar? Dille ch'io per amor la fei bella, Dille ch'amo, ed affetti desìo: S'invaghisca del grande amor mio; Mia belt

A voi divotamente ora sospira l'anima mia, per acquistar virtute al passo forte che a se' la tira. <<Tu se' si` presso a l'ultima salute>>, comincio` Beatrice, <<che tu dei aver le luci tue chiare e acute; e pero`, prima che tu piu` t'inlei, rimira in giu`, e vedi quanto mondo sotto li piedi gia` esser ti fei;

dal mio maestro, e «Non aver paura», mi dice, «di parlar; ma parla e digli quel ch’e’ dimanda con cotanta cura». Ond’ io: «Forse che tu ti maravigli, antico spirto, del rider ch’io fei; ma più d’ammirazion vo’ che ti pigli. Questi che guida in alto li occhi miei, è quel Virgilio dal qual tu togliesti forte a cantar de li uomini e d’i dèi.

dal mio maestro, e «Non aver paura», mi dice, «di parlar; ma parla e digli quel ch’e’ dimanda con cotanta cura». Ond’ io: «Forse che tu ti maravigli, antico spirto, del rider ch’io fei; ma più d’ammirazion vo’ che ti pigli. Questi che guida in alto li occhi miei, è quel Virgilio dal qual tu togliesti forte a cantar de li uomini e d’i dèi.

e quanto fu diletto a li occhi miei, e la propria cagion del gran disdegno, e l’idïoma ch’usai e che fei. Or, figluol mio, non il gustar del legno fu per la cagion di tanto essilio, ma solamente il trapassar del segno. Quindi onde mosse tua donna Virgilio, quattromilia trecento e due volumi di sol desiderai questo concilio;

10 Guido, Ranier, Ricardo, Salamone, Ganelon traditor, Turpin fedele, Angioliero, Angiolino, Ughetto, Ivone, Marco e Matteo dal pian di san Michele, e gli otto di che dianzi fei menzione, son tutti intorno al Saracin crudele, Arimanno e Odoardo d'Inghilterra, ch'entrati eran pur dianzi ne la terra.

que’ cittadin che poi la rifondarno sovra ’l cener che d’Attila rimase, avrebber fatto lavorare indarno. Io fei gibetto a me de le mie case». Inferno · Canto XIV Poi che la carit

L'opera gli era commessa da un mercante de' Fei, che aveva molto a lodarsi del Santo, per esserne stato liberato dal carcere. E mastro Jacopo aveva per l'appunto rappresentato il Santo nell'atto di fare quel miracolo, che oggi si farebbe con uno sbruffo ai guardiani, o con un buco nel muro.

72 Hai sentito, signor, con quanti effetti de l'amor mio fei Polinesso certo; e s'era debitor per tai rispetti d'avermi cara o no, tu 'l vedi aperto.

e quanto fu diletto a li occhi miei, e la propria cagion del gran disdegno, e l'idioma ch'usai e che fei. Or, figluol mio, non il gustar del legno fu per se' la cagion di tanto essilio, ma solamente il trapassar del segno. Quindi onde mosse tua donna Virgilio, quattromilia trecento e due volumi di sol desiderai questo concilio;