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que’ cittadin che poi la rifondarno sovra ’l cener che d’Attila rimase, avrebber fatto lavorare indarno. Io fei gibetto a me de le mie case». Inferno · Canto XIV Poi che la carit

Noi li avem gia` dietro; io li 'magino si`, che gia` li sento>>. E quei: <<S'i' fossi di piombato vetro, l'imagine di fuor tua non trarrei piu` tosto a me, che quella dentro 'mpetro. Pur mo venieno i tuo' pensier tra miei, con simile atto e con simile faccia, si` che d'intrambi un sol consiglio fei.

Ho pensato una via e l'ho in parte giá messa ad effetto. A me par buona:... CRISAULO. Non mi indugiar. Dillo. ARTEMONA. ... perché veggiam che a noi sarebbe assai poter, per ora, solo avere audienza; e, se questo facciamo, il resto è nulla. E certo verria fatta, se dái ciance che la torresti tu, com'io feci oggi con la madre; e lo fei come da me.

A voi divotamente ora sospira l'anima mia, per acquistar virtute al passo forte che a se' la tira. <<Tu se' si` presso a l'ultima salute>>, comincio` Beatrice, <<che tu dei aver le luci tue chiare e acute; e pero`, prima che tu piu` t'inlei, rimira in giu`, e vedi quanto mondo sotto li piedi gia` esser ti fei;

sempre con l'arte sua la fara` trista; e se non fosse che 'n sul passo d'Arno rimane ancor di lui alcuna vista, que' cittadin che poi la rifondarno sovra 'l cener che d'Attila rimase, avrebber fatto lavorare indarno. Io fei gibbetto a me de le mie case>>. Inferno: Canto XIV Poi che la carita` del natio loco mi strinse, raunai le fronde sparte, e rende'le a colui, ch'era gia` fioco.

PILASTRINO. Saresti donna da governare Stati. Ma vorrei, quand'hai guarito tutti gli altri amori, che dessi ancor qualche rimedio al mio a cui fei don di me fin ne le fasce; ed è quel che mi strugge e fa beato solo a pensarvi. ARTEMONA. Fa' ch'io sappia il tutto e lascia fare a me.

Di tutto ciò ch'a medicare il volto Per arte femminile ha maggior vanti Ella ebbe il fior ne le sue man raccolto, Piacevole esca per novelli amanti; di ciò ben contenta, il pensier volto Le vidi ad opre de gli occulti incanti, E quivi io me l'offersi, ed in più modi Fei serva sua bellezza a le mie frodi.

Lo dir de l’una e de l’altra la vista mi fer voglioso di saper lor nomi, e dimanda ne fei con prieghi mista; per che lo spirto che di pria parlòmi ricominciò: «Tu vuo’ ch’io mi deduca nel fare a te ciò che tu far non vuo’mi. Ma da che Dio in te vuol che traluca tanto sua grazia, non ti sarò scarso; però sappi ch’io fui Guido del Duca.

Però comprender puoi che tutta morta fia nostra conoscenza da quel punto che del futuro fia chiusa la porta». Allor, come di mia colpa compunto, dissi: «Or direte dunque a quel caduto che ’l suo nato è co’ vivi ancor congiunto; e s’i’ fui, dianzi, a la risposta muto, fate i saper che ’l fei perché pensava gi