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Aggiornato: 12 giugno 2025
Gli angioli dell'amicizia non erano ad assisterlo. Egli afferrò la penna, e, pieno di speranza e di timore, di desiderio e di vergogna, scrisse un viglietto alla marchesa di Rocca Vignale «Clementina, «Sono stato molto male, e ancora non ho potuto uscire di casa. Che fate voi? Mi avete perdonato?
Ma peggio! È segno che voi non lo fate per mestiere ma per passione. Siccome io vorrei essere idolatrata da mio marito e regnare unico pensiero della sua mente, esigerei che egli dedicasse a me tutte le sue giornate, e non soffrirei ch'egli tenesse l'arte come seconda amante, o fors'anche come prima. Ah, se è così, è bello! Non vi pare? Un artista non può amare una donna per lei stessa.
EROTICO. Oimè, che è quel che sento? sète voi dessa, over io son un altro? e che parole son quelle che odo? SULPIZIA. Quelle che mi detta il dolore, partorite da giusto sdegno, e quelle di che la tua infedeltá me ne dá cagione. EROTICO. E da quella bocca di perle e di oro posson uscir parole tanto odiose? Di grazia, se lo fate da scherzo, non le dite da vero.
Se non fate presto brontolò il Kloss, vedendolo imbronciato, coi baffi irti, i ricciolini scomposti, e la pelle diventata grinzosa e livida sotto la pomata, se non fate presto, quel montanaro dalle spalle quatre ve la porta fia! È il mio martirio!... la mia tortura! esclamò il Casalbara, dolorando e colla voce stridula.
Nei giardin' delle Fate viaggiam fermi e sicuri. Oh ve' laggiù l'acanto protende i rami oscuri: e nulla v'impauri perch'io vi guardo e v'amo. Ma il bacio sovra umano, voi mi concederete? O belle, udite, udite il dolce incantamento. Amor fa il suo lamento nelle valli romite. La gioconda brigata che s'apparecchia a festa è giovine e sbrigliata ma non ha sale in testa.
Il fiore non è egli forse una delle più belle opere di Dio? Anzi, per dimostrarvi che siffatte occupazioni si addicono agli uomini come alle donne, con vostra licenza, voglio metterci anch'io queste mani profane. Fate pure, signor Salvani, e il mio fiore riuscir
Mi fate adesso riconoscere quanto io abbia operato sconsideratamente con voi. Oh quanto me ne duole!
«Nulla!» «Nulla. Or fate in modo che l'eccelso consiglio abbia a lodarsi della pronta vostra obbedienza.» Pronunciate queste parole l'uficiale del consiglio se n'andò. Partito colui, quei cinquanta e più soldati che si trovavano col
Tacque, pianse, poi facendosi nuova forza, ripigliò: Al signor Luchino andrete voi; voi stesso, ve ne prego: fate anche questo sacrifizio per me. E direte che gli perdono: Trover
DON RODORIGO. Ferma, don Ignazio! ferma, don Flaminio! Oh che confusione di sdegno e di furore, oh che misero spettacolo d'un abbattimento di doi fratelli! POLISENA. Fermate, cavalieri! fermate, fratelli! e non fate che lo sdegno passi insin al sangue.
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