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Aggiornato: 29 giugno 2025


Sanza risponder, li occhi su` levai, e vidi lei che si facea corona reflettendo da se' li etterni rai. Da quella region che piu` su` tona occhio mortale alcun tanto non dista, qualunque in mare piu` giu` s'abbandona, quanto li` da Beatrice la mia vista; ma nulla mi facea, che' sua effige non discendea a me per mezzo mista.

I’ dissi lui: «Quanto posso, ven preco; e se volete che con voi m’asseggia, faròl, se piace a costui che vo seco». «O figliuol», disse, «qual di questa greggia s’arresta punto, giace poi cent’ anni sanz’ arrostarsi quando ’l foco il feggia. Però va oltre: i’ ti verrò a’ panni; e poi rigiugnerò la mia masnada, che va piangendo i suoi etterni danni».

Pero` va oltre: i' ti verro` a' panni; e poi rigiugnero` la mia masnada, che va piangendo i suoi etterni danni>>. I' non osava scender de la strada per andar par di lui; ma 'l capo chino tenea com'uom che reverente vada. El comincio`: <<Qual fortuna o destino anzi l'ultimo di` qua giu` ti mena? e chi e` questi che mostra 'l cammino?>>.

poi, liquefatta, in stessa trapela, pur che la terra che perde ombra spiri, che par foco fonder la candela; così fui sanza lagrime e sospiri anzi ’l cantar di quei che notan sempre dietro a le note de li etterni giri; ma poi che ’ntesi ne le dolci tempre lor compatire a me, par che se detto avesser: ‘Donna, perché lo stempre?’,

Sanza risponder, li occhi su` levai, e vidi lei che si facea corona reflettendo da se' li etterni rai. Da quella region che piu` su` tona occhio mortale alcun tanto non dista, qualunque in mare piu` giu` s'abbandona, quanto li` da Beatrice la mia vista; ma nulla mi facea, che' sua effige non discendea a me per mezzo mista.

e tutti e sette mi si dimostraro quanto son grandi e quanto son veloci e come sono in distante riparo. L'aiuola che ci fa tanto feroci, volgendom'io con li etterni Gemelli, tutta m'apparve da' colli a le foci; poscia rivolsi li occhi a li occhi belli. Paradiso: Canto XXIII Come l'augello, intra l'amate fronde, posato al nido de' suoi dolci nati la notte che le cose ci nasconde,

poi, liquefatta, in stessa trapela, pur che la terra che perde ombra spiri, che par foco fonder la candela; così fui sanza lagrime e sospiri anzi ’l cantar di quei che notan sempre dietro a le note de li etterni giri; ma poi che ’ntesi ne le dolci tempre lor compatire a me, par che se detto avesser: ‘Donna, perché lo stempre?’,

e tutti e sette mi si dimostraro quanto son grandi e quanto son veloci e come sono in distante riparo. L'aiuola che ci fa tanto feroci, volgendom'io con li etterni Gemelli, tutta m'apparve da' colli a le foci; poscia rivolsi li occhi a li occhi belli. Paradiso: Canto XXIII Come l'augello, intra l'amate fronde, posato al nido de' suoi dolci nati la notte che le cose ci nasconde,

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