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Aggiornato: 14 giugno 2025
E tu che m'hai apparecchiato? LIMA. La berretta per il tuo capo e la lanterna per la tua candela; ché non aresti con che coprirti il capo quando piove, e non avendo lanterna, il vento ti smorzarebbe la tua candela. CAPPIO. Orsú, entriamo ad accenderla; va' prima e ponti in ordine. LIMA. Noi stiamo sempre in ordine; ponti a ordine, e per non farmi aspettare, entra innanzi tu o vienmi dietro.
A questo modo mi lascian stracinare a la famiglia. Deh! Lasciami spogliar; to' questi panni; non li vo' piú. Son diventato un altro. Voglio volar. Lasciami questo braccio, ché mi vo' gittar giú da quella torre. Odi, fratello. Deh! Va' di' a mia madre che or ora sono stato assassinato e che, s'io campo... COMPAGNI. Sí, camperai bene. Non ti pigliar pensieri. Entriamo in casa.
Fatemi un favore gli dissi; parlatemi schietto. Voi di certo derivate da qualche accidente individuale un giudizio che credete di dovere estendere all'universale. Su via, lasciate ogni mistero. Siamo amici rispose mylord; non entriamo dunque in guai.
T'ho aspettato in su questo uscio piú d'una mezza ora, per veder se tu ci passavi; ché 'l mio padrone non era in casa e aremmo avuto tempo di stare insieme un pezzo. GIGLIO. Rencrescime, per Dios, che ho tenuto que fazer. Mas entriamo. PASQUELLA. Ho paura che 'l padron non torni, ché ha un pezzo che andò fuora. Ma tu ti debbi esser scordata la corona, eh? GIGLIO. Non, madonna; que á qui sta.
"Ora ci si fa davanti la bella regione in cui l'uomo crebbe più grande che in qualunque altra contrada del mondo, e vi operò portenti di energia e di senno: entriamo nella sacra terra da cui venne la luce che illuminò l'universo. Anche qui alla rigogliosa vita d'un tempo è succeduta la morte; e in molti luoghi non trovi più che macerie in mezzo a vasto deserto, a solitudine desolata, a silenzio d'essere umano. Caddero le citt
DOTTORE. Ho sempre un par di migliara di scudi al mio comando, che pèrdono tempo al banco. FILIGENIO. Misero me, che da ogni banda sono aggirato. DOTTORE. Entriamo in casa e ve li contarò. FILIGENIO. Entriamo. DOTTORE. Panfago, va' a casa, apparecchia un banchetto a tuo modo, ché vogliamo tutti rallegrarci: to' gli danari.
Questo matto mi stima donna; e è di me innamorato; e mi verrá dreto fino a casa sua. Torniamo pur a casa nostra. Spoglierommi e, piú al tardi, torneremo da Fulvia. CALANDRO. Eimè! Lei non è dessa. Infin, l'è quella che è andata lá per la strada. Meglio è trovarla. LIDIO femina. Or che questa bestia non può vederci, entriamo in casa presto. E vedi lá, drento all'uscio, Fulvia che ci accenna.
Il duca portava la mano al bottone del campanello, quando il dottore di Nubo, uscendo dalla carrozza, gli si avvicinò e gli disse: Entriamo. Una fine di capitolo, cui le signorine... leggeranno di soppiatto. Il dì dopo, a mezzogiorno, il conte di Nubo si presentò al palazzo di Lavandall, e parlò a lungo col principe. Uscendo di l
Non ora, che entriamo nell'inverno; ma nella prossima primavera, perchè no? E ti pare che io debba mettermi al tirocinio della diplomazia, mentre gli amici farebbero ben altro uso del tempo loro? il Salvani, ad esempio, ripigliando la spada, come capitano di Garibaldi, e il Pietrasanta entrando volontario in un reggimento di cavalleria? Son genovese, diceva egli per l'appunto, un giorno che si parlava di guerra possibile; cadr
FORCA. Ricòrdati di usar buone parole ché non è il miglior instrumento per ingannare e a far l'ufficio tuo di buon animo; ché dalla nostra parte non mancheremo noi di quanto ti abbiamo promesso. PANFAGO. Entriamo, ché mi par mille anni di esseguir l'opera e far poi un guasto mirabile di vivande.
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