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Aggiornato: 2 giugno 2025


<<Io son d'esser contento piu` digiuno>>, diss'io, <<che se mi fosse pria taciuto, e piu` di dubbio ne la mente aduno. Com'esser puote ch'un ben, distributo in piu` posseditor, faccia piu` ricchi di se', che se da pochi e` posseduto?>>. Ed elli a me: <<Pero` che tu rificchi la mente pur a le cose terrene, di vera luce tenebre dispicchi.

R apito poi con elli il mio cervello, I n un momento scorse l'universo S enza posarsi mai, senz'ulla tregua. M entre cosí danzava a la moresca, O do dir: Triperuno! Ed ecco in mezzo R atto mi vidi posto d'una turba. I o contemplai non so che volti grassi B ere sovente e poi cantar sonetti, V otando zaine, fiaschi e gran bottazzi; S altavan poi chi su chi giú d'intorno, Illusiones ebrietatis.

<<La faccia tua, ch'io lagrimai gia` morta, mi da` di pianger mo non minor doglia>>, rispuos'io lui, <<veggendola si` torta. Pero` mi di`, per Dio, che si` vi sfoglia; non mi far dir mentr'io mi maraviglio, che' mal puo` dir chi e` pien d'altra voglia>>. Ed elli a me: <<De l'etterno consiglio cade vertu` ne l'acqua e ne la pianta rimasa dietro ond'io si` m'assottiglio.

Cércati al collo, e troverai la soga che ’l tien legato, o anima confusa, e vedi lui che ’l gran petto ti doga». Poi disse a me: «Elli stessi s’accusa; questi è Nembrotto per lo cui mal coto pur un linguaggio nel mondo non s’usa. Lasci

Non attender la forma del martìre: pensa la succession; pensa ch’al peggio oltre la gran sentenza non può ire. Io cominciai: «Maestro, quel ch’io veggio muovere a noi, non mi sembian persone, e non so che, nel veder vaneggio». Ed elli a me: «La grave condizione di lor tormento a terra li rannicchia, chemiei occhi pria n’ebber tencione.

E cco, senza far motto alcun ad elli, T utto soletto quinci mi diparto, «Tu autem quum oraveris intra in cubiculum tuum, ubi, clauso ostio, patrem tuum in abscondito ora». Evang.

e quello avea la fiamma più sincera cui men distava la favilla pura, credo, però che più di lei s’invera. La donna mia, che mi vedëa in cura forte sospeso, disse: «Da quel punto depende il cielo e tutta la natura. Mira quel cerchio che più li è congiunto; e sappi che ’l suo muovere è tosto per l’affocato amore ond’ elli è punto».

Io non piangëa, dentro impetrai: piangevan elli; e Anselmuccio mio disse:

E io a lui: «L’angoscia che tu hai forse ti tira fuor de la mia mente, che non par ch’i’ ti vedessi mai. Ma dimmi chi tu se’ che ’n dolente loco se’ messo, e hai fatta pena, che, s’altra è maggio, nulla è spiacente». Ed elli a me: «La tua citt

E cosí dixe egli: «Neuno può andare al Padre se non per me». Cosí disse veritá la mia Veritá. Ora hai veduto che via elli vi conviene tenere e che modo: cioè con perseveranzia. E altrimenti non bereste, però che ella è quella virtú che riceve gloria e corona di victoria in me, Vita durabile.

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