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Aggiornato: 25 maggio 2025
E appena si accorse che il Santasillia non le usava nessuna preferenza, e si mostrava ritroso con lei, come colle altre, fe' un risolino sprezzante ogni volta che le capitò di nominarlo, gl'inflisse il titolo di Monsignore e non ci pensò più. Perchè si trovassero e diventassero amici, bisognò proprio che il diavolo ci mettesse la coda.
Ricordo a questo proposito un'impressione di anni fa. Leggevo la Terra dello Zola. Non so perchè, mi ero immaginato di dover scoprire regioni ignote inoltrandomi sempre più in quella lettura: caratteri, sentimenti, passioni, vizi, virtù propri unicamente del contadino francese. Invece, con mia grande meraviglia, mi vedevo sfilare sotto gli occhi personaggi ai quali dovevo appena mutare i nomi perchè diventassero a un tratto siciliani. Parecchi di quei personaggi li avevo conosciuti nella vita reale; quella specie di scemo, per esempio, che convive incestuosamente con la sorella; e quel Gesù-Cristo che parve, al suo apparire, un epico ingrandimento di certe creature specialmente care alla ridanciana fantasia di Armando Silvestre. Se non ricordo male, c'era fino un incredibile riscontro nel nomignolo; quel mio compaesano si chiama 'U Signuruzzu, cioè: Il Signore, che significa appunto: Gesù Cristo! Un giudice supplente gli aveva dato torto in una lite, ed egli non aveva saputo perdonarglielo. Perciò, tutte le volte che poteva, stava ad attenderlo nella Piazza, e vedendolo passare, si cavava il berretto e lo salutava, accompagnando subito il saluto con uno di quei rumori che hanno fatto la fortuna del Gesù-Cristo zoliano e di tanti allegri personaggi di Armando Silvestre. Il giudice supplente, uomo permaloso, diventava giallo dalla bile; ma la dignit
Ricordai: «che più d'un anno addietro» dopo Aspromonte «io aveva dichiarato pubblicamente ch'io ripigliava tutta la mia indipendenza e non avrei più patti se non colle inspirazioni della mia coscienza e delle circostanze» e dissi: «credere debito mio verso me stesso e il Partito serbare inviolata quella mia indipendenza.» Dissi: «ch'io non potevo avere fiducia nella fermezza delle deliberazioni di chi seguiva le inspirazioni dell'Imperatore Francese e presentiva che, dove le intenzioni di Luigi Napoleone diventassero favorevoli all'Austria, un telegramma di Parigi agghiaccierebbe in un subito le tendenze bellicose governative.
Stavolta gli onori e i rimpianti della partenza erano stati tutti quanti per Milla, che non sarebbe tornata più per tanti anni. Il Principe aveva detto gaiamente: «Arrivederci questa primavera,» e nessuno s'era creduto in obbligo di commuoversi per lui. Pure l'assenza sua doveva essere ben più lunga di quella di Milla, doveva prolungarsi sinchè i mesi diventassero anni, gli anni secoli, e i secoli eternit
«Ben detto! sclamò il pievano non è tempo da cercarsi nemici. Ma! Eravamo così tranquilli! Si faceva il dover nostro e stavamo come il pesce in mare! Bisognava che i Francesi diventassero pazzi, per darci queste noie...!» Qui entrarono in ragionamenti che a noi non fanno gioco, e finirono mettendo in disparte ogni pensiero di conciar Giuliano alla loro maniera.
Questo fatto provocò un'inchiesta. Un comitato di senatori dello Stato fu incaricato di vedere quanto di vero e di fondato vi fosse nei lamenti della classe lavoratrice, e quali fossero i rimedi che, senza offendere le leggi nè i diritti individuali di chicchessia, si potessero adottare per impedire che poche persone o corporazioni giungessero ad accumulare nelle loro mani la maggior parte dei capitali del paese e diventassero in tal modo padroni di imporre la loro volont
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