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Aggiornato: 6 luglio 2025
Non so quello che sono in questo momento; so che qui siamo soli e che ti amo come un pazzo e che sarai mia. Viva mai! rispose Maria senza levar gli occhi da quelli del principe. Vedremo, rispose egli, e afferratala per un braccio cercò di gettarla distesa sul lettuccio coperto dalla nivea pelle d'orso.
Quando parve quietarsi, quando rimase immobile, distesa, supina attraverso il letto, il Casalbara, dopo averla guardata a lungo, inquieto, incerto, le si avvicinò: Perdonami, Eleonora. Posso giurarlo sul mio onore: non ho voluto illuderti, ingannarti; io stesso mi ero ingannato, mi ero illuso. Perdonami, sono colpevole verso di te, per la mia spensieratezza!
I boschi tacevano. Per la distesa dei prati un silenzio d'ineffabile stanchezza si dilatava fino alle più remote lontananze, che sembravano naufragare in una tenebria trasparente.
Distesa sul letto, i capelli raccolti in fascio dietro la nuca, guardava tra le lacrime la sua camera e gli oggetti intorno, che le eran tanto cari.
Soltanto attorno al Duomo le vetture da nolo ferme e nere, e i tram risonanti che passavano al trotto dei cavalli, pieni di ombre vaghe dietro i cristalli appannati... più oltre, sotto la galleria e sotto i portici, una lunga distesa di luce squallida, donde, tra le falde della neve, echeggiavano le vociacce degli strilloni: La gran vittoria degli Italiani in Africa!
Maria, buttata, distesa attraverso il letto, sui piedi della figliuola, aveva spasimi convulsi... e il duca Prospero povero duca si era allontanato gemendo. Il suo cuore paterno non poteva resistere a tanto strazio, non poteva vedere la sua Lalla a morire. Giorgio, invece, da molte ore, non aveva più una lacrima. Era disfatto.
Vide Mia, distesa per terra, che dava gli ultimi tratti, e, sotto al fianco palpitante della cavalla, vide colui che con atto di audacia disperata era giunto in suo aiuto, in quel supremo istante di pericolo. Si chinò a guardare, e in quell'uomo, immobile, morto forse o privo di sensi, ravvisò Drollino. Il rimbombo dello sparo aveva chiamata gente.
La disgraziata non ebbe nemmeno più la forza di mandare un grido; non fu che un gemito ad uscire dalle sue labbra. Un tonfo sordo per terra annunziò che la infelice era caduta lunga e distesa. Due giorni dopo sotterravano anche lei, morta d'un colpo apoplettico.
Era lei, era Gina! La trovai, la rinvenni, non so come, nelle tenebre, tra gli sterpi, distesa per terra.... Gina! Lasciatemi morire! Sono io, sono Beppe! il tuo Beppe! Mi parve che udendo il mio nome, si addormentasse. La presi sulle spalle e lento lento, mentre il cuore e la testa non sapeva più dove fossero, raggiunsi, la mercè di Dio, la mia soglia. La adagiai sul letto, livido, estenuata.
Tu dubbi, e hai voler che si ricerna in sì aperta e ’n sì distesa lingua lo dicer mio, ch’al tuo sentir si sterna, ove dinanzi dissi:
Parola Del Giorno
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