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Così, camminarono, senza darsi braccio, verso Posillipo, sul piccolo marciapiede rasentato dai trams che vanno e vengono: imbattendosi in gente che tornava a piedi, in piccole comitive schiamazzanti, in coppie solitarie appoggiate al parapetto, guardanti il mare. Massimo e Luisa, avanzando lentamente, non parlavano, divisi sempre da coloro che transitavano. Le ville a mezza costa, e quelle giù, al mare, avevano innanzi ai portoni delle carrozze che aspettavano: i balconi lasciavano udire la musica che vi si faceva, il sottile e immemore concerto delle notti estive napoletane: degli equipaggi, di ritorno, passavano; le donne erano avvolte in lievi scialli bianchi. Senz'accorgersi della via, Massimo e Luisa andavano innanzi, innanzi: la linea dei trams finì; si fecero rare, poi sparvero, le osterie; la gente s'era diradata, a poco a poco, e quando ebbero voltato l'angolo della villa Dini, la solitudine fu perfetta. Solitudine bianca, senza terrori di ombre, senza la tetraggine che ispirano la campagna e il mare, di notte. Solo un alto, lontanissimo cielo; solitudine mite, piena di giardini in fiore tutti candidamente frastagliati dalla luce lunare, piena di parchi dai grandi alberi immersi nel chiarore, piena di vigne folte che l'autunno aspettava, per la vendemmia, piena di orti dove ancora, come un po' dappertutto, si udiva l'odore del gelsomino notturno. La via era deserta, l'ora era tarda, ormai: e solo, ogni tanto, qualche rara carrozza ritornava da villa Postiglione: tutto Posillipo, con le sue campagne, col suo mare, coi suoi rotondi piccoli golfi che sembrano, in fondo alla riva, un grande occhio azzurro divino, coi suoi profumi, pareva che appartenesse a Massimo e Luisa, Egli camminando con la testa bassa, con gli occhi bassi, giuocava con la mazzettina di ebano, urtando le pietruzze della via; Luisa andava accanto a lui, fissando gli occhi sul mare: ma i suoi occhi avevano un velo innanzi, il suo sguardo aveva la fissit

Alla lettura del D’Angelo furono presenti, oltre un buon numero di amatori, i due Di Blasi, il Gregorio, l’Angelini, Bibliotecario della senatoriale, il Barone Forno, il Morso, il Di Chiara, l’arcidiacono Dini, D. Camillo Genoese di Caltanissetta, il Conte D. Vincenzo Castello, figlio di Gabriele, il sac. D. Francesco Polizzi, Decano della Magione, ed il giovanetto Duchino di Camastra, assidui frequentatori della Societ