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Aggiornato: 20 maggio 2025
A Napoli, le femmine non si perdono come una spilla nella sabbia, o un piccolo cane che ha smarrito il suo padrone. Nonpertanto, signore, la cosa è così: la è arrivata due o tre giorni dopo che io ricevei la vostra lettera. E venite a darmene avviso solamente oggi?
Voi, che siete uomo, che siete più forte di me, avreste dovuto darmene l'esempio; e quando avete visto vacillare quel coraggio che io mi ero imposta e che avevo ancor oggi varcando la soglia di questa casa, avreste dovuto sentire compassione di me, non trascinarmi a dire quello che in un momento di incoscienza ho detto.... Loreta! egli esclamò supplichevole perchè ella non continuasse.
Ah, bene; e ci andrai sulle dieci, m'immagino. Sì, se pure vorrai darmene licenza. Io? figurati! Sai bene quel che ti ho detto. E, a parlarti sinceramente, andando tu, mi liberi da un falso obbligo. Che cos'è un falso obbligo? Il dubbio sciocco di credersi necessario, il timore vanitoso che la tua mancanza sia notata e faccia dispiacere alla gente.
Scambiate appena alcune parole con Emilio, il fratello di Matilde, come soleva, offrì dei sigari e aprì la cassetta. Il domestico raddoppiò di ardore nell'agitare lo strofinaccio. Ah, ah! sclamò Cesare che si accorse della sparizione dei migliori sigari. Qui c'è stato un leva ejus... Battista, sapresti darmene notizia? Il domestico voltò verso il padrone una faccia stupidamente franca e sicura.
Ella, sicuramente, non è stata nei conciliaboli della setta mazziniana.... No, certo; ma altri c'era per me, il quale sa tutto a menadito, e viene a darmene ragguaglio. Davvero? Ella è un uomo prezioso, padre Bonaventura.
Poi, fra i singhiozzi ripigliava: Lo so, padre, lo so che Dio non si scorda di nessuno, che non si è scordato di me. Oh chi m'avrebbe sostenuta fra tante angoscie se non era il pensiero del Signore? Ma dite: mio marito?... il mio Venturino?... Ne sapete notizie? Vi è permesso di darmene?»
Se si rompe la testa possono darmene la colpa, e così mi sono fatto scrupolo di disturbarla. Dormiva tanto bene che pareva morto.... L'ho lasciato in pace al posto naturale scelto dalla natura... ed io pure sono andato a dormire. Nel vostro letto. S'intende... nel mio letto. Fortunato mortale!... Ed ove sono i miei panni? Li ha giuocati e perduti, con l'orologio... povero maestro!
Ma il buon vecchio mi pregò di non darmene pensiero, perchè lui, in sartoria, con gli stratagli, avrebbe saputo farsene un altro. Nella prigione di Benevento avevo imparato a consumare il tempo con dei lavori di carta. In pochi mesi ero riuscito a mettere assieme una gabbiuccia che regalai a un secondino. Ma al Castellaccio non c'era proprio nulla da fare.
I singhiozzi si affievolirono. Giudicai che ella si era allontanata dal muro. Poi non udii altro, nè potei ottenere altre risposte. Ero invaso da profondo turbamento. E la mattina, rivedendo la bella bruna alla finestra, serenamente indifferente, cominciavo a sospettare che colei volesse divertirsi alle mie spalle, intrigarmi. A che scopo? Non sapevo darmene nessuna ragione.
E infine non ne fecero niente; perché la marchesa, donna di giudizio, diceva che non bisognava darsene per intesi, e che sempre era succeduto cosí, e che sempre sarebbe succeduto l'eguale a chi scrivesse proprio come la pensava; e che poi bisognava contentarsi di chiappar la lepre col carro, e lasciar tempo al tempo. Ma quella elegia mi piacque tanto, che pregai di darmene una copia.
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