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Aggiornato: 7 giugno 2025
La Ginevra non sapeva che quel fermento popolare era mosso dal conte Mandello e dall'Elia Corvino, perchè questo, sebbene a malincuore, non aveva voluto per nessun conto scemarle il dolore, dandole argomenti di speranza. Come sappiamo, voleva che il popolo venisse infiammato dallo spettacolo di un dolore e di una disperazione senza limiti.
Messasi dunque in viaggio, nell'ora stabilita dal Mandello e dal Corvino, percorse tutto lo stradale senza mai cessare dal pianto per un momento, e spesso dando in tali espansioni di angoscia, e in tal gemiti, che la donna che gli sedeva presso nella carrozza non trovava più modo nessuno per confortarla.
L'uomo di camera del Morone intanto, recatosi difilato all'osteria del Pomo d'Eva, appena ebbe messo il piede nel primo salotto a terreno, la persona appunto che tosto gli cadde sott'occhio fu l'Elia Corvino, che seduto rimpetto all'uscio innanzi ad una tavola, non attendeva gi
Adesso potete andare. Io sono perfettamente tranquilla. Dette queste parole e stretta la mano all'Elia con passione, si ritirò nella sua stanza. Il Corvino, stato immobile e soprappensiero per qualche tempo, discese al molo, saltò in barca, e senza far nessuna parola col barcajuolo, attraversò il lago per recarsi a Bellaggio.
È ottima cosa che a te paja così, Corvino, ottima veramente. E facendo quel suo solito lezio, strinse l'occhio dritto, il che accresceva quell'espressione assidua di acutezza che aveva svolta in faccia, e guardò fiso per qualche tempo il Corvino. Questi notò quell'occhiata acuta, penetrativa, parlante; gli venne un lampo, la interpretò alla sfuggita... abbassò la testa... aveva capito.
Non si poteva dare una notte più bella e più calma di questa, così prese a dire il Mandello quando dalla sua barca stese la mano al Corvino. Il lago tranquillo, nessun contrattempo, e il vento così propizio, che a pagarlo non poteva comportarsi meglio.
Soltanto il Morone pensando che tra le persone che avevan costituita l'ambasceria spedita a Perugia v'era anche l'Elia Corvino, non ebbe a maravigliarsi molto, sì grande era la fiducia che aveva nell'astuzia di costui.
Elia Corvino, entrato da Leone cogli altri che avevan fatto parte dell'ambasceria, è probabile abbia detto quanto riferì poi la notte medesima al Morone, allorquando questo volle essere istrutto minutamente da lui su tutto ciò che era succeduto a Perugia.
Il Corvino si rimase a Cremia, e per esser pronto agli avvisi che potessero arrivare o dall'estrema sponda del lago dov'era diretto il Palavicino, o dall'Adda, dove veleggiava il conte Galeazzo, e per raccogliere tutti i barcajuoli, coi quali s'era fatto l'accordo e mandarli dove li chiamava il bisogno.
Quando il Corvino entrò, il Morone stava passeggiando nel suo gabinetto; ma fermandosi allora di tratto, insieme all'affabile saluto volse a colui uno sguardo assai penetrativo e scrutante; la qual cosa fece pure il Corvino, ammiccando anch'esso in quel momento, certo senza avvedersene, con quello stringere dell'occhio destro che era un lezio abituale e caratteristico del cancellier Morone.
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