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Aggiornato: 1 maggio 2025
BIRRI. Se non camini presto, ti darrò delle pugna. LECCARDO. Almanco dite a' confrati, che m'hanno a ricordar l'anima, che portino seco scatole di confezioni e vernaccia fina che mi confortino di passo in passo. BIRRI. Non dubbitar, ché andrai su un asino con una mitra in testa, con trombe e gran compagnia; e il boia ti sollicitará con un buon staffile.
L’ultima riforma dei Capitoli dell’Unione dei Musici si vede soscritta da 104 confrati, oltre dieci altri aggregati posteriormente. Un esemplare di questi Capitoli, appartenente alla Unione medesima, ha delle annotazioni sulle quali occorre fermarsi un momento¹¹². Parecchi confrati erano sacerdoti, forse organisti, od anche cantanti di chiesa. Alcuni aveano lasciato la Sicilia e non si sa per quali regioni d’Europa vagassero. Uno, Ippolito Papania, trapanese, sonatore d’organo e di violino, bandito, andava ramingando fuori regno. Longevi non pochi di essi, morti uno ad 86 anni (D. Francesco Lanza), uno ad oltre 90 (D. Giuseppe Sardella), uno a 100 (D. Giuseppe Biundo). Far
I frati eran divisi per provincie monastiche: e capo supremo di ciascuna era appunto un Provinciale con giurisdizione assoluta sopra un dato numero di conventi. Era preposto al convento un Guardiano, col nome di Priore tra i Benedettini e i Domenicani, di Correttore tra i Minimi, di Nostro Hermano tra i Mercedari. Il Guardiano quindi, il Priore, il Correttore moderava o dirigeva la famiglia del suo convento, come il Provinciale o l’Abate (se tra Benedettini, Basiliani ecc.) quelle di tutti i conventi a lui sottoposti. Egli, il Guardiano, amministrava, disciplinava i suoi confrati, ma non così indipendentemente che non dovesse darne conto al suo superiore, sotto i cui occhi passava qualunque carta, ed al cui controllo era sottoposta ogni spesa, come qualsiasi disposizione relativa al governo materiale e spirituale della comunit
³³⁰ Torremuzza, Giornale Istorico, 13 genn. 1781, p. 200. I confrati della congregazione con voce lamentevole andavano questuando per la elemosina delle messe da celebrarsi per l’arma di stu puvireddu.
Questi confrati per altro, in virtù del riconoscimento della loro Unione da parte di tutti i Vicerè succedutisi dal 1679 alla fine del sec. XVIII, aveano obblighi e diritti che fanno pensare al altre corporazioni del tempo. Se prima pagavano onza una e tt. 18 di entrata e tarì 3 il mese, ora, nello scorcio del secolo, per le comuni strettezze ne pagavano 9 di entrata e tre carlini di contribuzione. Possedevano gioie, argento, coltre, stendardo, e ne facevano sfoggio negli accompagnamenti funebri. Ammalati, se non eran debitori verso la Compagnia, avean diritto alla assistenza sanitaria, a quella dei loro infermieri, ad un sussidio temporaneo. Per le vie non potevano associare altri cadaveri fuori di quelli dei loro confrati, sotto la pena fortissima di 30 onze di multa. Alle spese occorrenti per l’annuale oratorio in onore della protettrice S.a Cecilia potevano far fronte con gli introiti del Teatro di loro propriet
Dall’oscura segreta il reo era dal pietoso Capo di Cappella fatto salire nell’anti-oratorio, ove con tre altri suoi confrati gli apprestava i possibili soccorsi del corpo e dello spirito. Per tre giorni i buoni signori si moltiplicavano per assisterlo a ben morire: e non era in lui desiderio che essi nei limiti della loro facolt
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