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Aggiornato: 26 maggio 2025


¹ Libro 7. Alla dimane l'Amira, chiamato il suo segretario, gli consegnava una carta molto bene piegata, odorosa di muschio, suggellata di seta verde, e di cera, ordinando la portasse al Conte Giordano d'Angalone. Il segretario avendo fatto lo ufficio, il Conte ruppe il sigillo, e lesse: «Al lodato nella fede di Sidi Issa, e dei precetti della sua fede imitatore Giordano d'Angalone, Conte, della quarta compagnia dei cavalieri tedeschi capitano. In San Germano, questo ultimo della luna di Gemmadi, anno dell'Egira 643. Ecco, tu mi hai coperto di polvere al cospetto dei nostri amici, mi hai reso impotente a combattere contro i nostri stessi nemici: si legge in alcuna fede, ovvero comandamento del tuo Dio, percuotere l'amico che non ti offende, o che tu primo hai offeso? Si conviene al tuo valore, avendo fama di buon Cavaliere, che tu facci così ai leali servitori del tuo Re? Or sappia Tua Signoria, se sei valente uomo, ch'io ti sfido a uscire dimani dopo nona sul luogo dove mi hai percosso, affinchè noi combattiamo insieme; vieni solo se vuoi, o con tuo seguito, chè ciò poco importa, e ti proverò con spada e con lancia, che non operi quello si addice a valoroso Barone. Se io, come spero, ti ammazzerò, la mia spada riprender

I prodi soldati di Francia cadono, senza grido, senza mormorare accento, come uomini disonorati. Io son certo che non havvi un solo cuore tra voi che non dica internamente a stesso ciò che uno dei vostri disertori ci diceva oggi: Non so qual voce segreta ci dice che combattiamo de' fratelli.

Il nostro movimento è fatale. Noi siamo attesi dall'Italia morente... Ma disgraziatamente le mie parole sono rotte da un'eccessiva emozione... E mi ripeto sovente!... Tanto meglio!... Non mi stancherò... Opportunismo affaristico, disprezzo della gioventù, vigliaccheria morale e fisica: ecco ciò che combattiamo!... Ecco, ciò che combatte in Italia il pornografo da voi incriminato!

L'idea di ciò che potevano dire i satelliti, mi ha messo di cattivo umore: il cattivo umore mi ha fatto mettere in armi. Siamo in guerra, combattiamo. E tanto per cominciare, esploriamo il terreno. Ieri mattina la contessa Adriana era uscita di casa alle otto, ora insolita per lei, bruciata per i suoi assedianti, che dovevano immaginarla non uscita ancora dalle sue camere. Essi, di certo, non usano andare che verso le undici alle loro batterie; infatti, a quell'ora, non avendola trovata al Roccolo, si son dati alla campagna, raccogliendo per via tutta la colonia villeggiante, come a dire tutto l'esercito di Corsenna; han preso lingua, han saputo che la contessa Adriana aveva preso il sentiero del mulino, hanno sospettato che fossi ancor io da quelle parti, e tutti sull'orma, che hanno perduta, fortunatamente per noi. Dunque, ricapitoliamo; la contessa è sola fino alle undici; se ci vado tra le nove e le dieci, sono sicuro di trovarla, di aver tempo a discorrere, a sentire da lei tutto quello che sar

Ma intanto, e mentre noi tutti discuteremo fraternamente sui mezzi, sulle vie da scegliersi, esiste una sfera superiore alla quale è necessario che la stampa periodica s'inalzi, o, ripetiamo, rinneghi ogni potenza d'iniziativa. Il problema che s'agita è problema d'educazione; gli scrittori politici hanno ad essere educatori, e un giornale deve essere un atto di sacerdozio, un'opera d'apostolato. Noi non combattiamo solamente per l'impianto d'un sistema o d'un altro: combattiamo perchè gli uomini, e gl'Italiani, segnatamente, migliorino, perchè imparino più sempre ad amarsi, perchè vie meglio corrispondano, facendo sempre più potente e diffondendo al maggior numero possibile l'associazione, il patto fra gli eguali, al disegno della provvidenza; perchè crescano in intelletto, in attivit

Noi italiani combattiamo quasi nudi, ma ognuno ha purtroppo nel cuore un pensile giardino di donne-fiori i cui capelli pesantissimi ci incurvano in avanti sui golfi lunari del pericolo. L'indomani sera in treno per Verona leggo il trionfale comunicato di Diaz: «Dal Montello al mare, il nemico sconfitto ed incalzato dalle nostre valorose truppe, ripassa in disordine il Piave».

Non son più che i ciechi di mente e i malvagi d'animo quelli che ardiscono ancora di far risalire al partito socialista la colpa di delitti individuali, atroci per e insensati per il fine a cui mirano, funesti a noi, più che agli altri per le reazioni liberticide che provocano, commessi in nome d'un ideale che non è il nostro, e che noi combattiamo senza tregua, e a cui strappiamo proseliti ogni giorno.

Noi sappiamo almeno perchè combattiamo, e perchè lo sappiamo, siam forti. Se la Francia rappresentasse qui tra noi un principio, una di quelle idee che fanno grandi le nazioni e la fecero grande in passato, il valore de' suoi figli non si romperebbe contro il petto dei nostri giovani militi.

Il Monforte dopo avere verificato il fatto, rispose: «Comunque ciò sia, scendete, Cavaliere, e combattiamo a piedi.» «Come volete, Conte.» E scesero, e continuarono la battaglia più fieri di prima.

Non v'è che un sole in cielo per tutta la terra: non v'è che uno scopo, una legge, una sola credenza, associazione, progresso, per tutti quei che la popolano. Come voi, noi combattiamo pel mondo intero, noi siamo tutti fratelli, noi rimarremo tali checchè si faccia.

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