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Aggiornato: 6 giugno 2025
A suo bell'agio al romitorio arranca, laddove giunto, ansando come un bracco, si metteva a seder sopra un panca, dicendo ad un romito: Oh Dio! son stracco; io sento il respirar proprio mi manca: da Parigi qui vengo a piè per voto l'abate santo a ritrovar divoto. Io sono un cavalier de' principali, e vi prego a chiamar l'abate vostro.
si` che 'l tuo cor, quantunque puo`, giocondo s'appresenti a la turba triunfante che lieta vien per questo etera tondo>>. Col viso ritornai per tutte quante le sette spere, e vidi questo globo tal, ch'io sorrisi del suo vil sembiante; e quel consiglio per migliore approbo che l'ha per meno; e chi ad altro pensa chiamar si puote veramente probo.
Dico che, mentre che egli era piú attento al glorioso lavoro, e giá della prima parte di quello, la quale intitola Inferno, aveva composti sette canti, mirabilmente fingendo, e non mica come gentile, ma come cristianissimo poetando, cosa sotto questo titolo mai avanti non fatta; sopravvenne il gravoso accidente della sua cacciata, o fuga che chiamar si convegna, per lo quale egli e quella e ogni altra cosa abbandonata, incerto di se medesimo, piú anni con diversi amici e signori andò vagando.
DON IGNAZIO. D'ingannatore e di traditore! DON FLAMINIO. Don Ignazio, se, mentre siamo vissuti insieme, t'ho fatto altro inganno e tradimento fuor di questo, veramente son un ingannatore e traditore; se questo, che ho fatto per amore, si ha da chiamar «tradimento», diffiniamolo con l'armi. DON RODORICO. Don Flaminio, tu parli troppo liberamente e fuor de' termini.
Don Marco fattosi in mezzo a quel dolore, cominciò a darsi attorno a spacciar uno di qua, a chiamar l'altro di l
Del figlio non chiedeva novelle per lungo tempo; e poi, lì per lì, se ne ricordava, lo voleva con sè, lo stringeva fra le braccia, ne carezzava febbrilmente il capo, lo faceva chiamar di notte, perchè Fabiano soffriva d'implacabile insonnia. Bruno era la sua speranza, diceva, l'ultima radice della sua vita; sapeva d'esserne amato, e il giovinetto lo avrebbe difeso, contro tutto e contro tutti.
Noi andavam con passi lenti e scarsi, e io attento a l’ombre, ch’i’ sentia pietosamente piangere e lagnarsi; e per ventura udi’ «Dolce Maria!» dinanzi a noi chiamar così nel pianto come fa donna che in parturir sia; e seguitar: «Povera fosti tanto, quanto veder si può per quello ospizio dove sponesti il tuo portato santo».
Con lui ne viene in ripa alla fiumana, ove Rinaldo in semplici parole alla sua vera istoria trasse il velo, e chiamò in testimonio tutto 'l cielo: 102 e poi chiamar fece il figliuol di Buovo, l'uom che di questo era informato a pieno, ch'a parte a parte replicò di nuovo l'incanto suo, né disse più né meno.
CRICCA. Non sei tu dunque il vignarolo? GUGLIELMO. Non sono né ci fui mai. CRICCA. Questo nieghi? GUGLIELMO. Lo niego, perché è il falso. CRICCA. E pur lo nieghi? GUGLIELMO. E pur lo niego e straniego. CRICCA. Non sei il vignarolo, col nome del diavolo? GUGLIELMO. Son Guglielmo, col nome di cento diavoli! CRICCA. Vo' chiamar il padrone, ché venga ancor egli a ridere un poco meco e maravigliarsi.
MORFEO. A chiamar Essandro. Che tardi? tutti sono a tavola, si fa banchetto reale, le minestre si raffreddano e non vogliono cominciar senza te. ESSANDRO. Deh, perché non ho l'ali da volare, o Cleria, o mio padre, o mio zio!
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