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117 Di sua sciocchezza indarno ora si duole, ch'avendo il ver dal peregrino udito, lasciato mutar s'abbia alle parole di chi l'avea più volte gi

Io non merito da voi esser tacciato di vizio di leggierezza, nascendo il mio amore da un risoluto e invecchiato affetto dell'anima mia: ch'avendo fatto l'ultimo mio forzo di resistere al suo amore, dopo lunghissimo combattimento le sue bellezze son restate vincitrici d'ogni mia voglia.

Io non vo' andar incontro alla fortuna, restar cosí vinto alla prima battaglia lasciar cosa intentata fin alla morte. PANIMBOLO. Orsú, facciasi tutto il possibile, ch'avendo a morire, quando s'è fatto quanto umanamente può farsi, si muor piú contento. Andiamo in Palazzo, informiamoci del fatto. Leccardo, trattienti da qua intorno, ch'avendo bisogno di te non abbiamo a cercarti. Va' e vieni.

O perchè errar a me così non lice con voi pe' i boschi, com'ho 'l core acceso, de l'onorate vostre fide scorte? Ch'avendo ogni pensiero al cielo inteso, vivendo viverei vita felice, e morta sperarei vincer la morte. XXVIII Allo stesso Varchi, il cui raro e immortal valore, ogni anima gentil subito invoglia, deh! perchè non poss'io, com'ho la voglia del vostro alto saver colmarmi il core?

64 Gli par ch'avendo in mano il cavalliero, avr

86 Però ch'avendo tutto quel rispetto ch'a buon cavallo dee buon cavalliero, a quel suo bello e buono, ch'a dispetto tenea di Sacripante e di Ruggiero; vedendo per duo giorni averlo stretto più che non si dovria buon destriero, lo pon, per riposarlo, e lo rassetta in una barca, e per andar più in fretta. 87 Senza indugio al nocchier varar la barca, e dar fa i remi all'acqua da la sponda.

Ma de' vostr'occhi se quell'alma spera mi si scoprisse alquanto, forse al segno uguale mi vedrei, che 'l nostro ingegno ascende amando e piú oltra gir non spera. Non è barchetta cosí lenta e frale, ch'avendo voi, e vosco Amor, in poppa, per ogni ondoso mar non spieghi l'ale. Onde la musa mia va pegra e zoppa, se schiva udite lei; ma se vi cale il suo cantarvi, allor lieta galoppa.

Io mi son dilettato alquanto in vero il critico arruffato immaginando, ch'avendo udito l'altro canto intero, vada con questo e quello investigando co' disprezzi al tal verso, al tal pensiero, fanciulli e donne e librai guadagnando; e sopra tutto parmi di sentire le parole seguenti udirlo dire: 2

E non occorrerá ch'alcuno le voglia spendere tose o leggiere; conciosiaché chi le avrá a ricevere, ricordandosi che le dovrá pagare a peso di fino, non le vorrá accettare, e non gli tornerebbe conto, tanto per rispetto della nuova e real tassa delle monete giá fatte, quanto anco per li caratteri e note del valore, della lega o finezza e del peso, che saranno impresse su quelle che di nuovo si faranno, e come nel capitolo XXII. E perché ho detto di sopra che chi fará fare o rifare monete dovrá pagare le fatture; e quantunque ciò debba forse parere cosa strana a molti, non sapendo il buon fine di tal fatto, essendo che non si udí mai dire si trovò giamai che fosse posto in uso nel tempo che regnavano i romani e sotto il loro imperio il cavare le fatture dal corpo delle monete, ch'io sappia, ma solo molti anni dopo, che, con malaintesa invenzione, s'introdusse il cosí cavarle; e parendomi ancora cosa convenevole che ciascuno sopra ciò si paghi di ragione; dico ch'avendo io molte volte considerato e con gran diligenza ricercato se si trovi al mondo cosa che sia piú generale, nelli maneggi delle mercanzie e di molti altri contratti diversamente fatti dagli uomini, di quello che sia l'oro e l'argento ridotto in monete, ed anco se vi sia cosa lavorata che venga contrattata fermamente e senza dubitazione alcuna con i valori delle fatture in essa, nel modo come si fa e si usa delli danari, ciò non ho mai potuto ritrovare.