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Quanto importi, cosí a rispetto di popoli come a rispetto di prencipi, un regno abbondare d'oro e argento, e quanto beneficio causi, e che sia occasione potente di non fare commettere molti delitti, ancorché alcuni con loro capricci vogliano il contrario, non mi è parso discorrerlo al presente; e cosí ancora quanto danno apporti esserne povero: parendomi che da ognuno, se non distintamente, almeno in confuso s'intenda.

Or giudicate s'altra pena ria, che causi Amor, può pareggiar la mia. 58 Ritornò il cavallier nel primo duolo, fatta che n'ebbe la cagion palese. Questo era il conte Pinabel, figliuolo d'Anselmo d'Altaripa, maganzese; che tra sua gente scelerata, solo leale esser non volse cortese, ma ne li vizi abominandi e brutti non pur gli altri adeguò, ma passò tutti.

Ma, si bene questo è impossibile a rispetto delle robbe naturali e necessarie, per l'artificiali non è cosí, e ancora per l'equipollente si può reparare alle naturali e necessarie; e non solo si può riparare con diversi modi e fare che non si causi l'effetto predetto della penuria, ma che operi il contrario, dico l'abbondanza.

Estimo che 'l tumultuoso rivolgimento, il quale l'autore vuol mostrare che vi sia, causi alcuno impeto il quale muova quello aere, e l'aere mosso paia vento.

E, benché l'ignoranza sia causa e principio d'ogni male, e quanto piú vi concorra malizia tanto maggior possa dirsi ignoranza, ché per questa ragione par che gli effetti causati da quella non possano producere cosa di buono: con tutto ciò, se in ogni altro fusse vero, non è nell'effetto della maraviglia, della quale con veritá s'afferma che abbia di continuo causato e causi in noi grandissimo bene; poiché, eccitando quello innato a tutti desiderio di sapere, scoprendo all'intelletto il velo col quale lo tiene legato l'ignoranza, fa diventare la mente indagatrice delle cause per le quali discorrendo viene a conoscere perfettamente donde e come possano procedere gli effetti delle cause; dal qual modo ebbe principio la filosofia, e in consequenza la veritá che si conosce per quella.

E se mi si dicesse che non si deve dire impossibile per legge, poiché l'utile publico si deve preferire al privato, e, importando salvare un regno, la legge non tiene conto della ruina de' privati per la ragione predetta, e non solo permetterlo ma commandarlo: rispondo tutto esser vero; ma prima bisogna esser certo che di nissun altro modo si possa riparare alla ruina universale e danno publico che con la ruina e danno de' particolari; secondo, che il detto danno e roina de' particolari non causi e importi altro danno publico e universale, ché in nissuno de li doi modi dalla legge si permette il danno privato; e nel caso nostro non vi è l'una l'altra certezza, ma pericolo grande del secondo.

Sopra questo particolare, che è la quinta ragione che si porta in contrario della pragmatica, che non dovea limitare il prezzo certo del cambio, essendo quello libero, si fatica molto in risolverla, dicendo che l'ha ritrovata in bocca di tutti negozianti, e va domandando la ragione perché il cambio debba essere o sia libero, affermando che nisciuno gli lo sappia dire, adducendo diversi essempi di Roma e Genoa che si siano fatte o simili o in cose simili limitazioni: possendosi con due parole risolvere che, essendo vero che il cambio alto e libero causi un danno publico di fare impoverire il Regno, non solo è lecito a chi governa d'alterare e mutare la qualitá e natura de tutti contratti, ma lo deve fare, essendo obligato preferire l'utile e beneficio publico al privato.