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Aggiornato: 21 giugno 2025
Venimmo chiamati a due a due, e a due a due venimmo legati, polso a polso, con una catenella, da un maresciallo dei carabinieri alto e spalluto. Eravamo così appaiati: Valentini e Chiesi, Seneci e Federici, Cermenati e Romussi, De Andreis e Girardi. Uscimmo ed entrammo in una folla di circa ottanta arrestati. Il balcone del palazzo di questura era gremito di altri monturati con alcuni borghesi.
Una notte, destato subitamente, mi vidi innanzi due carabinieri, i quali m'ingiunsero d'alzarmi e di seguirli. Pensai si trattasse d'un interrogatorio; ma l'avvertirmi d'un d'essi ch'io non lasciassi il mantello, mi fece accorto ch'io doveva escire dalla caserma. Chiesi dove s'andasse: risposero non poterlo dire.
Ma perchè quegli urli, quei fischi, tutto quello schiamazzo?... A tentoni si avvicinò alla finestra, l'aprì.... Tutta la piazza era piena di gente tumultuante.... era piena di ombrelli.... pioveva a dirotto.... c'erano guardie e carabinieri!... A un tratto udì una voce forte, stentorea: "Morte al Casalbara! Morte ai ladri della Cisalpina!"
E veramente spiegammo i Carabinieri Genovesi, in catena, sull'ultimo ciglione della posizione nostra verso il nemico. Le compagnie restanti dei Mille scaglionate indietro ed in colonna, e la nostra povera ma valorosa artiglieria sullo stradale alla nostra sinistra.
Tra questi giuochi d'altalena, e osservazioni e malinconie psicologiche, capitò al priore la visita del sottoprefetto di Castelnuovo Bedonia. E accompagnata da circostanze eroicomiche, che io vi racconterò senza farmi pregare. Il signor sottoprefetto era venuto a cavallo, con una coppia di carabinieri per iscorta. D'onore, o di sicurezza?
A sinistra nel folto del viale che sale verso il parco alto, molti carabinieri ritti come in agguato sembrano pronti ad acciuffare una massa rossa che canta nel verde, massa troppo rivoluzionaria di coristi camuffati da soldati francesi. Corteo simbolico. Una Italia in manto rosa con stella sulla testa. Scende cantando: Maggio sei bello, ma Firenze è assai più bella.
Lassù, a S. Pasquale al Corso, donna Nena abitava da tre anni, nel cortile del monastero, in una stanzuccia rimpetto al pozzo. Pareva, in quella immensa quiete, una badessa sopravissuta alle sue monache, bandite per sempre, a far posto ai carabinieri in caserma.
Non un solo uomo si unì alle donne; e di fronte a questo esercito infuriato, ma inerme, i carabinieri non ebbero cuore di far fuoco e perciò non si deplorarono morti o feriti.
I carabinieri che ci circondavano erano quaranta, tutti a cavallo, armati fino ai denti. Fumavano e si buttavano da una parte all'altra le birichinate della sera prima con le donne, senza punto badare al nostro supplizio. L'assieme era lagrimevole. Ci sarebbe voluto un fotografo.
Ed ecco la signora Kyllea mezza vestita, bianca come un cencio lavato, che gesticolava senza profferir parola. Il signor Kyllea si contenne: Niente! Niente! disse. Dei malintenzionati. Ma non potè far a meno di trasalire anche lui, sentendo picchiare alla porta, e gridare: Aprite! Aprite! Sono i carabinieri! esclamò don Liddu che aveva riconosciuto la voce.
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