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Aggiornato: 24 maggio 2025
Essendo vicino il giorno della partenza, i negozianti accorrono in folla al palazzo e si compra a furia. Le stanze, il cortile e la galleria hanno preso l'aspetto d'un grande bazar. Per tutto lunghe file di vasi, di babbuccie ricamate, di vassoi, di cuscini, di tappeti, di caic. Quanto v'è in Fez di più dorato, di più arabescato, di più caro assaettato, ci è passato sotto gli occhi in questi giorni. E bisogna vedere come vendono costoro, senza proferire parola, senza lasciarsi sfuggire un sorriso, non accennando che sì o no colla testa, e andando via, abbiano o non abbian venduto, colla stessa faccia d'automi con cui sono venuti. Fra tutte, è bella a vedersi la stanza dei pittori, convertita in una gran bottega di rigattiere, piena di selle, di staffe, di fucili, di caffettani, di ciarpe lacere, di terraglia, di orecchini barbareschi, di vecchie cinture da donna, venute Dio sa di dove, che hanno forse sentito molte volte la stretta amorosa delle braccia imperiali, e forse l'anno venturo luccicheranno in un quadro magistrale alla mostra di Napoli o di Filadelfia. Un solo genere manca, e sono gli oggetti d'antichit
Si slanciavano alla carica a due, a dieci insieme, a uno a uno, in fondo alla valle, sulle colline, davanti e ai fianchi della carovana, nella direzione del nostro cammino e in direzione contraria, sparando e urlando senza posa. In pochi minuti la valle fu piena di fumo e d'odor di polvere come un campo di battaglia. Da ogni parte turbinavano cavalli, lampeggiavano fucili, sventolavano caic, svolazzavano cappe, ondeggiavano caffettani rossi, gialli, verdi, azzurri, ranciati; scintillavano sciabole e pugnali. Ci passavano accanto ad uno ad uno, come fantasmi alati, vecchi, giovanetti, uomini di forme colossali, figure strane e terribili, ritti sulle staffe, colla testa alta, coi capelli al vento, col fucile disteso; e ognuno, sparando, lanciava un grido selvaggio che gl'interpreti ci traducevano. Guai a te! Madre mia! In nome di Dio! T'uccido! Sei morto! Son vendicato! Altri dedicavano il loro colpo a qualcuno. Al mio padrone! Al mio cavallo! Ai miei morti! Alla mia amante! Sparavano in alto, in terra, indietro, chinandosi e rovesciandosi come se fossero legati alle selle. Ad alcuni cadeva in terra il caic o il turbante; tornavano indietro di carriera, e lo raccoglievano, passando, colla punta del fucile. Parecchi roteavano l'arma al di sopra del capo, la buttavano in aria e la riafferravano con una mano. Eran gesti convulsi, atteggiamenti temerari, urli e sguardi di gente inebbriata che rischiasse la vita con una gioia furiosa. Molti slanciavano il cavallo come se si volessero uccidere; volavano, sparivano e non tornavano che lungo tempo dopo colla faccia stravolta e pallida di chi ha visto in faccia la morte. I più dei cavalli grondavano sangue dal ventre; i cavalieri avevano i piedi, le staffe, l'estremit
In mezzo a un gruppo di caffettani bianchi, cascava sempre a proposito, come la pennellata d'un artista, un caffettano color di rosa. I colori armonici si cercavano, s'univano, amoreggiavano insieme per la durata d'una carica, e si separavano per formare altre armonie.
Gli altri ufficiali, in quel frattempo, facevano colezione in una stanza a terreno aperta sul cortile, tutti seduti in cerchio sul pavimento, coi piatti nel mezzo. Capii benissimo, vedendoli mangiare, come i mori possano far di meno del coltello e della forchetta. Non si può dire il garbo, la destrezza, la precisione con cui facevano in pezzi i polli, il montone allo spiedo, la caccia, i pesci, ogni cosa. Con pochi movimenti rapidissimi delle mani, senza scomporsi menomamente, ognuno spiccava giusta e netta la sua porzione. Pareva che avessero delle unghie taglienti come rasoi. Immergevano le dita nelle salse, facevano delle palle di cuscussù, mangiavano l'insalata a manate, e non un briciolo, non una goccia cadeva fuor del piatto; e vedemmo infatti quando s'alzarono che avevano i caffettani bianchi immaculati come prima. Di tratto in tratto un servo portava in giro una catinella e un asciugamano; si davano una lavatina e poi tutti insieme rituffavano lo zampino in un altro piatto. Nessuno parlava, nessuno alzava gli occhi, nessuno mostrava d'accorgersi che noi fossimo l
I nuovi cavalieri erano molto diversi dai Beni-Hassen. Avevano i vestiti più puliti e le armi più lucide; quasi tutti gli stivali gialli, ricamati di filo rosso; le sciabole col manico di corno di rinoceronte, le cappe turchine, i caffettani bianchi, le cinture verdi. Molti eran vecchi, ma di quei vecchi pietrificati, per i quali pare che sia cominciata l'eternit
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