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Aggiornato: 11 maggio 2025


Alla stazione di Finalmarina non c'erano che cinque o sei persone, compresi due preti. Eravamo disfatti. Avevamo gli occhi della gente che non ha dormito, i capelli spettinati, le guance cadaveriche e le punte dei baffi piegate come una desolazione. Il sole ci illuminava le lividure ai polsi che avevano assunto un colore nerastro.

Pei gazzettieri che mercanteggiano accuse e opinioni a beneplacito di monarchie cadaveriche o aristocrazie brulicanti su quei cadaveri: pei miseri, quali essi siano, che in faccia a un paese schiavo e fremente, non trovano ispirazioni fuorchè per dissolvere e accusano d'ambizione chi fa o tenta fare, rosi essi medesimi d'ambizioncelle impotenti, che non fanno faranno mai cosa alcuna: per gli stolti, che, in una guerra nella quale, da un lato stanno palesemente, regolarmente ordinati, eserciti, tesori, uffici di polizia; dall'altro, tutto dall'invio d'una lettera fino alla compra di un'arme, è forzatamente segreto, non applicano ai fatti altra dottrina che quella del barbaro: guai ai vinti!: pei tiepidi, ai quali il terrore di qualche sacrificio da compiersi suggerisce leghe ideali di principi, disegni coperti di monarchie due volte sconfitte, o guerra tra vecchi e nascenti imperi, da sostituirsi all'unico metodo che conquisti libert

Io non seppi staccarmi da quel letto di morte rimasi. Vennero ad inchiodare la bara; la baciai per l'ultima volta e volli dirle "a rivederci," ma le lagrime fino a quel punto represse mi rigarono il volto e bagnarono le sue guancie cadaveriche, e senza volerlo mi venne detto "addio" più triste, più affannosa parola, e più propria. "Addio, benedetta creatura, addio."

La poca luce che mandava dall'interno della stanza la lampada accesa faceva parere più infossate, più livide, più cadaveriche le guancie di lui; l'occhio fosco, affondato, irrequieto, brillava d'una fiamma sanguigna; il contrarsi delle mascelle e delle labbra aveva qualche cosa di spaventato e di spaventoso, di feroce e di doloroso insieme.

Nella febbre che mi agitava, credetti persino che il mormorìo provenisse dalla campana di vetro posata sul canterano, che fosse un filo di voce uscito dalle labbra cadaveriche di quel mostro che vi stava rinchiuso, che le pareti di vetro mi impedissero di discernere le parole e che queste turbinando nel poco spazio serrato perdessero accento e cadenza per convertirsi nel suono lugubre e confuso che mi atterriva.

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