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Aggiornato: 9 giugno 2025


A un tratto fu colta da un eccesso di tosse e dovette sedersi. Nella fisonomia del giovane si dipinse una cura diversa da quella che l'aveva oscurata fino allora. Egli si alzò e si avvicinò dolcemente alla vecchia che, nello sforzo, s'era tinta la faccia di pavonazzo e dal cui petto usciva un suono cupo e profondo. Sempre quella tosse, mamma?

Si avvicinò con lui alla porta e lo accompagnò su lo squallido, angusto pianerottolo, tenendolo sempre per l'orecchio. Buona notte, assassina! mormorò il birro a traverso la porta, quando Lina con la sua mano bianca l'ebbe richiusa. Buona notte, Lucertolo! mormorò una vocina scherzosa dall'altra parte. Due giorni dopo la scena avuta con Lucertolo, Lina partiva da Firenze.

Così dicendo si avvicinò al letto, barcollando. Le pareti ballavano in giro e la stanza pareva piena d'insetti che ronzassero molesti... Si buttò, sbuffando, sul letto; ma allora ebbe un impeto di rabbia, di furore contro stesso, perchè era un vigliacco, perchè non aveva il coraggio di uccidersi.

Il Generale dei gesuiti lo guardò fisso, con uno sguardo così cupo che mise un brivido nelle fibre dello stesso cardinale: gli si avvicinò; prese una sua mano fra le sue; gli appressò la bocca all'orecchio, e mormorò con strano accento queste sole parole: Eminenza! Aspettiamo: non vi perderemo nulla.

E trangugiando un altro mentale: ho capito! si avvicinò alla porta della stanza, ov'erano entrate poco prima le due donne, e chiamò: Signora Lucia! Il prelato gli si avvicinò, e gli disse all'orecchio: Per ora non le dite chi sono. Lucia entrò nella stanza. Che volete, don Omobono? C'è questo signore, disse il prete, che vuol parlarvi.

Perdonami!.... Ti domando; perdono!... Che hai da dirmi?... Lalla tenne ancora il musino, per un momento, ma poi fissò Giacomo, sorrise, gli si avvicinò di nuovo e passando un braccio sotto quello di lui, colla testina bassa, gli disse pianino pianino, giocando con una mano colla catenella dell'orologio del Vharè: Mi confesso, non è vero?... ... ...

Montoni rispose al saluto con leggiero moto della mano e passò. La moglie lo seguiva, guardandosi intorno con una sorpresa ed un malcontento, cui pareva temer di esprimere. Emilia, vedendo l'immensa estensione di quell'edificio, con timido stupore si avvicinò ad una scala marmorea.

Quando parve quietarsi, quando rimase immobile, distesa, supina attraverso il letto, il Casalbara, dopo averla guardata a lungo, inquieto, incerto, le si avvicinò: Perdonami, Eleonora. Posso giurarlo sul mio onore: non ho voluto illuderti, ingannarti; io stesso mi ero ingannato, mi ero illuso. Perdonami, sono colpevole verso di te, per la mia spensieratezza!

Poi si mise con rabbia davanti alla bestia ferita, mirò pochi secondi, scagliò diritto e fulmineo il suo terzo colpo di spada. Il toro gli spruzzò di sangue la mano ed il viso. Bombita, lentamente, si avvicinò all’avversario. Questa volta il colpo era stato profondo, giusto, mortale.

Puoi garantire? . L'occhio di Nora si fece torvo: la piccola ruga della fronte era più profonda. . .... Poco dopo, seguita dallo zio Matteo, essa entrava adagio nella camera del Casalbara: la camera era ancora tutta buia, come il giorno innanzi. Nora si avvicinò, sola, al letto del malato: Matteo Cantasirena si fermò, non visto, vicino all'uscio.

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