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Aggiornato: 1 giugno 2025
SENNIA. Non pigliar a tristo augurio, figliuol mio, ch'io pianga, ché l'allegrezza ch'io sento di tua venuta, tanto piú cara quanto men la sperava, mi fa cader le lacrime dagli occhi. LAMPRIDIO. O madre, io ancora non posso tenermi: sento il cuor liquefarsi di tenerezza. Raguagliami: è viva Beatrice mia zia di che molto si ricordava Teodosio mio padre?
Scusatemi egli soggiunse, inchinandosi a quell'altero dolore, che non soffriva di essere turbato da nessuna voce, fosse pur quella della persona amata. Era un augurio che vi facevo: vi auguro di dimenticare.... con tutto il cuore, ve lo auguro. Ella scorse il capo, senza rispondere. Voi la raggiungete, col
Non intendo di sapere altro, ella riprese. Neppur le mamme debbono essere indiscrete. Fausta!... Bel nome, e di buon augurio.
"Viva Roma in eterno", ho risposto con pari ardore, al patrio ricordo del primo magistrato di Corsenna. Era di buon augurio la data: Roma è nostra; e Galatea è mia, posso soggiunger qui, senza aspettar complimenti ed evviva. Giorno fortunato davvero, quantunque non senza pericolo; ma il pericolo fa preziosa la vittoria, e più caro il trionfo.
PANFAGO. Sia benedetto Dio che pur m'è toccato di apparecchiare un desinare a mio modo e di far un pignato grasso. PIRINO. Non vi dogliate, vita mia, che, se ben i frutti d'amore nel principio son amari, sempre nel fin la radice è dolce. E perché in tanti travagli la fortuna non ha bastato a scompagnarci, fo fermo augurio che i Cieli v'abbino servato per me, e che saremo nostri.
«Il generale che fu preposto all’esercito invadente la Giudea, nel secreta della sua anima, sentiva una certa inclinazione per la sacra fede di quel popolo contro cui si portava a combattere. Prima pertanto di intraprendere qualunque atto ostile ricorse a una delle solite superstizioni pagane per prendere augurio dell’avvenire e pronosticare l’esito della sua spedizione.
Tu ti placavi a quando a quando, gran Mare insidioso, e nelle pause del silenzio sovrano noi guardavamo, pietrificati, la stella gialla della lanterna, che con alta e monotona voce parlava, allungando verso di noi la sua lingua fumosa di fetido olio friggente. E ci guardava intanto, la lanterna, come un gufo, strizzando il suo occhio di tenebroso augurio...
Tutti si accontentavano di sorridere al viaggiatore, con un'aria che voleva essere un saluto e un augurio, ma era invece una mestizia mal dissimulata. Chi non poteva sorridere, neppur dissimulando, era la sposa, che era entrata in vagone per dar l'ultimo bacio al viaggiatore.
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