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Aggiornato: 28 giugno 2025
O maladetti piaceri, che si gustano in amore; ché, se pur alcun se ne gusta, vien sempre mescolato con la paura di aver a finir fra poco tempo; anzi, quanto piú ti vedi amar fuor di misura, piú dá certo presaggio d'aver piú tosto a finire. E la fortuna, per esser femina, è sempre instabile e inconstante. Sperava questa sera sposarla: ecco la nostra favola ha mutato faccia.
Lo hai amato.... e lo ami sempre.... disse Giovanna, seguendo a modo suo il filo di quello strano discorso. Bella cosa, amar sempre.... ed essere amata! Perchè non lo sposi? Non posso; rispose Beatrice Bovadilla, con accento di profonda tristezza. Non puoi? E chi lo impedisce? Posso io esserti utile? No, mia signora; mormorò Beatrice sospirando.
8 Questo debito a lui parea di sorte, ch'ad amar lo stringeano e ad onorarlo; e gli ne dolse e gli ne 'ncrebbe forte, che prima non avea potuto farlo, quando era l'un ne l'africana corte, e l'altro agli servigi era di Carlo. Or che fatto cristian quivi lo trova, quel che non fece prima, or far gli giova.
Costoro certamente sragionavano; chè pur troppo le signore donne son condotte ad amar uomini d'ogni risma, e fortuna vuole che più facilmente abbiano a dolersi poi degli uomini di vaglia anzi che degli scemi. Gli uni e gli altri arrecano disinganni; ma gli ultimi hanno questo di meno cattivo, che non lasciano eredit
Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona. Amor condusse noi ad una morte. Caina attende chi a vita ci spense». Queste parole da lor ci fuor porte. Quand’ io intesi quell’ anime offense, china’ il viso, e tanto il tenni basso, fin che ’l poeta mi disse: «Che pense?».
«Non ha penato niente, che non c'è nessuno di voi che possa vantarsi amar meglio di me il vantaggio e la gloria di Candiano, ma...» «Cosa avresti a dire?» «Che fra qualche ora quando in lui saluteremo il doge avrem perduto l'ammiraglio, e ciò, per san Marco e sant'Elmo, mi pesa forte e mi d
Amor c’invita.... vivere è amar. In quel punto Violetta Kutuf
LARDONE. Certo, che dovreste odiarla quanto l'amate. ANTIFILO. Ahi! che non posso amar altra che quella che da' primi anni cominciai ad amare. «... Ed acciò non abbiate piú a molestarmi, io vi manifesto il mio cuore: io ho dato ad altri il mio cuore.
Vorrei, signora mia, che mi amaste piú di quello che fate. CINTIA. V'ho donato il mio core e sta giá in vostra podestá: fatevi amar quanto vi piace. Ma ditemi, signor mio, come posso amarvi piú di quello che vi amo? ERASTO. Se m'amaste quanto vi amo io, desiareste vedermi piú spesso di quello che fate.
E l'ira tua mertai per tanto errore: Ma gl'indelebili anni che passaro Ritesser non m'è dato, o mio Signore! Presentarti non posso altro riparo Che duolo e preci e fè nel divo sangue, Di cui non fosti sulla terra avaro Per chiunque a' tuoi piè pentito langue. Et anima mea illi vivet. D'uopo ho d'amarti, e d'uopo ho che tu m'ami, O tu che per amar mi desti un cuore!
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