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Presso Cotila sorse poi la villa paterna dell'imperatore Vespasiano, dove questi era solito recarsi nell'estate a godere le fredde acque che intorno vi scorrevano, acque solfuree ed acidule, villa che ei nomò Falacrine a ricordo del vico natale, e dove egli morì, e morì poi anche suo figlio Tito.

Tito, dopo il suo trionfo, rifiutò di prendere il titolo di Judaicus, prova questa del disprezzo che gl'ispiravano gli ebrei. Però, come Vespasiano, tollerò la loro presenza in Roma. Le loro colonie si erano d'altronde accresciute grandemente per la venuta degli schiavi e dei liberti.

Scoperti, e tratti davanti a Vespasiano, non trovarono misericordia, al cospetto dello imperatore crudissimo, tanta fede e tanta miseria. DIONE CASSIO, Stor. l. 66. Arria ebbe a marito Cecina Peto, uomo consolare.

servono allora i rimedi delle protezioni, o, come si suol dire, dei mecenati: non serví il vero e vivo Mecenate, non Augusto ad impedire, non Vespasiano, Tito, Traiano, Adriano, Antonino o Marc'Aurelio, a trattenere di molto la decadenza. E tutto ciò è fuor d'ogni dubbio chiarito dalla successione, dalle date degli scrittori via via minori.

Le donne ricordate sono note abbastanza, tranne Eponina ed Arria. Eponina fu moglie di Giulio Sabino. Ribellatosi costui contro Vespasiano Imperatore, fu vinto, e riparò dentro un sotterraneo; con lui si chiuse la consorte fedele, e quivi stettero dieci anni interi procreando ed allevando figliuoli.

Di Giovenale, solo da un suo verso, si sa che nacque in Aquino. Venne esiliato in Egitto o in Scozia? Dove morì? Nessuno lo sa. La sua lunga vita, ora rattristata, ora allietata dai regni di Claudio, di Nerone, di Galba, di Ottone, di Vitellio, di Vespasiano, di Tito, di Domiziano, di Nerva, di Traiano e di Adriano, fu spettatrice dei più grandi avvenimenti; vide sul trono del mondo una serie di demoni feroci, ed una di genî buoni; vide tempi in realt

L'oro delle monete di Vespasiano fu saggiato in Parigi a' tempi di Bodino, e trovato di tale finezza, che per cimento reale non era scemato piú di un settecentottantesimo del tutto, ch'è poco piú di mezzo grano per oncia; cosa insensibile e che vien perduta dallo stesso tormento. Genesi, 13. Genesi, 20. PLUTARCO, in Theseo; PLINIO, XXXIII, 3. PLUTARCO, in Themistocle.

Mille e cinquecento schiavi vennero scannati in quella stessa cittá onde celebrare il giorno natalizio di Domiziano, fratello della 'delizia del genere umano'; e ne furono scannati altri assai a Berito in onore di Vespasiano, padre della 'delizia del genere umano'... Ecco di che fu capace un principe, a cui l'adulazione de' contemporanei e la credulitá delle generazioni successive decretarono l'apoteosi!».

Lib. 5. c. 54. Ma Livio non presagiva il dominio dei Preti capaci a disfare in tre quanto il Creatore fece in sette giorni con le poderose sue mani: e posto eziandio, che Livio movesse soverchio affetto ella è cosa sicura, che Roma sotto Augusto conteneva quattromilioni di anime, e ai tempi di Vespasiano il suo circuito sommasse a 13,200 passi.

Cessò poi, a quel che pare, la spogliazione disordinata de' miseri italiani; mansuefecesi la conquista. Come alcuni re visigoti, Autari e alcuni altri re longobardi presero poi il nome romano di Flavio; perché questo, piú che qualunque altro, non si scorge; forse perché ricordava Tito e Vespasiano signori rimasti popolarmente famosi per bontá.