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Lassù, di volta in volta, mi si rifaceva vivo il ricordo de' miei amici di Napoli e spesso, nella nebbia nicotinizzata di qualche birreria di Magonza o di Heidelberg, tra' fumi del prosciutto caldo e del saüercraut, la ideale e dolorosa figura di Totò Galiero mi appariva come quella d'un personaggio poetico e tragico, e degno di quella nordica letteratura.

Ma dove ottenere più precise notizie, dove potermi congratulare con quel poveretto, dove poterlo riabbracciare? Corsi all'ex monastero di Santa Patrizia, infilai daccapo quel lungo e oscuro corridoio che m'aveva guidato alla cella di Totò e con una indescrivibile emozione picchiai al numero 40.

Io non sono un donnaiuolo, non intrattengo corrispondenza epistolare con le ammiratrici del mio nobile ingegno, non eccito gli scambii spirituali con le letterate. Quella calligrafia donnesca mi sorprese, dunque, e m'intricò. Apersi la busta, guardai in fondo alla breve letterina e vi lessi con meraviglia non poca la firma del mio amico Totò! per , non ricordando la sua triste infermit

Sarebbe un beneficio per chi ha bisogno dell'opera nostra. Sarebbe un beneficio per noi, collega! L'uomo che non teme d'errare è probabilmente un imbecille, ma è sempre un uomo felice. E sur ça, prendo congedo. Le proffero toto corde, Francesco Floriani, la mia amicizia e la mia gratitudine. Rifiuto la gratitudine, accetto l'amicizia. No. L'ho lasciata giú, alla svolta.

Trovai Totò del suo solito umore quasi allegro e fu egli stesso, anzi, che avviò la conversazione per via non funebre. Guarirò mi disse Il dottore me l'ha proprio assicurato. L'operazione sar

Gli amici, figurarsi se rimasero atterriti da questo duplice disastro! Coglieva il poeta sentimentale, il pietoso scrittore del «Calvario d'una derelitta», l'espositore commosso delle privazioni degli oppressi, Totò Galiero, il vero socialista della penna, soprannominato fra noi «Totò cuor d'oro» per le rare e nobili qualit

Precibus sed denique Baldi destitit, et savius forcam lazzumque soghetti scansavit, iam iam illorum compresus ab orma. Non fuit in toto cursor velocior orbe, namque erat a cerebro ad cinturam corporis usque semivir, et restum corsi canis instar habebat. Multi illum reges, reginae, papa, papessae ducere tentabant, donantes munera, secum.

Due disgrazie, una più terribile dell'altra, colpirono, tre anni fa, nel febbraio, il mio amico artista Totò Galiero. Morì improvvisamente un suo zio presso il quale Totò mangiava, beveva, e scriveva le sue poesie lagrimose, i suoi sonetti pieni d'anima, come dicono adesso, i suoi straziantissimi drammoni, brani d'un cuore esulcerato, ch'egli, con un sorriso amaro, gettava di volta in volta a quel cane del pubblico. E un male misterioso lo scoppio, a sentire i medici, d'una latente infermit

Scusi, Totò Galiero? Egli esclamò, sorpreso: Come! Chi?... Domando perdono. soggiunsi Galiero. Ha forse sloggiato? Da un pezzo! disse lui. Sono un suo amico. Venivo a vederlo. A congratularmi con lui anzi, che, pare, ha riacquistato la vista... Lei... scusi, ne sa niente?... Vedo che occupa la sua stanza... Il vecchio mi continuava a sgranare gli occhi in faccia, e taceva.

«P.S. La mano che vi scrive questa lettera è quella d'una buona vicina che mi fa da segretario. Il cuore è sempre quello del vostro Totò. ArrivederciPovero Totò! Non misi tempo in mezzo e andai a trovarlo nel vecchio monastero di Santa Patrizia. Era una di quelle uggiose, piovigginose, grige giornate di marzo che vi mettono la tristezza in cuore e l'umido nelle ossa.