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Giacente nell'ospedale sul letto del dolore, non consolato da congiunti, o da amici, in sollievo delle sue sofferenze finchè il giorno durava leggeva assiduo i romanzi di cavalleria, massime l'Amadigi delle Gallie, e insieme ai romanzi le vite, o piuttosto le leggende dei santi, di Cristo, e di Maria; durante la notte sognava, ed anco ad occhi aperti vedeva, battaglie stragrandi di angioli e di demoni, giganti immani terribili dragoni strascinati in omaggio ai piedi della Beata Vergine; lo pungeva cocente emulazione per Domenico Guzman anch'esso dalla Chiesa convertito in santo; mirava superarlo debellando gli eretici con isterminati colpi di spada, e con colpi non meno sterminati di devozione; sarebbe ito a Gerusalemme, nelle parti più lontane del mondo a vincere anime a Cristo, anzi sceso dentro lo inferno a sfidare a duello Lucifero, abbatterlo, e mandarlo in dono alla donna dei suoi pensieri Maria: sue armi, daga e vangelo, o piuttosto le miserabili scritture con le quali monaci ignoranti contaminavano questo libro santissimo: così travagliandosi dopo molto stento potè levarsi ranchettando da letto e corse in furia a Monserrato, dove fece la veglia delle armi, ch'era una cerimonia di notti passate nella veglia, nel digiuno, e nella orazione ond'essere creato cavaliere della Santa Maria Vergine: per colmo dello staio si dilettava di comporre versi; io non l'ho letta, ma dicono, che ci avanza di lui una romanza sopra San Pietro, che basterebbe sola come certificato di pazzia per ischiudere le porte del manicomio ad ogni fedele cristiano.

Io penso che con agonìa punto minore di quella con la quale gli Ebrei stavano intenti alla cima del monte Sinai pure aspettando la parola di Dio, i Romani tenessero in questi giorni l'animo volto al Vaticano in attenzione della parola, che doveva decidere il destino dei Cènci; e questa parola si fece sentire in mezzo alla caligine precorsa da un lampo vermiglio, annunzio di sangue: «Sieno legati tutti alla coda di cavalli indomati; strascinati finchè morte ne segua; i cadaveri poi gittati nel Tevere

Tutti ascoltavano ammirati, strascinati da quella foga allegra, che metteva il brio nei cuori. Ma ad un tratto la foga scemò, il brio morì in un brusco cambiamento d'espressione, in una interpretazione strana. Il pezzo pazzamente allegro diventò triste; quasi marcia funebre piena di singhiozzi, di gridi di dolore; il disfogo d'un'anima travagliata.

Rogiero, per una convulsione di rabbia, raddoppiando la forza, si adopra svincolarsi dai ribaldi e gittarsi sul pellegrino: quelli però che troppo bene lo tenevano, nol lasciarono andare; tuttavia, mal potendo resistere all'impeto, lo seguitavano strascinati.