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Fra mezz'ora splender

Ebbe la favolosa antica etade chi co 'l tenor di feri e dolci canti e con novo splender di rea beltade, allettando affogava i naviganti: e or donata ci ha l'alta bontade donna, che con l'ardor de gli occhi santi e con note d'amor e di pietade, rende porto e salute a l'alme erranti. Voi, Donna mia, voi sete alma sirena voi, voi Tullia gentil, che fido lume nel mar d'amor porgete e placid'aura.

Deh, non volgete altrove il dotto stile altera donna, ch'a voi stessa, poi che scorge il mondo esser accolto in voi quant'ha del pellegrino e del gentile. Appo questo suggetto incolto e vile divien qual più pregiato oggi è tra noi; e co 'l splender de' vivi raggi suoi chiaro si mostra ognor da Battro a Tile.

Gli esseri deboli dei quali è pieno il mondo potrebbero, dopo ciò, credere che il dovere consista nel compiere un sacrifizio. Essi s'ingannerebbero. «No, la virtù suprema consiste nel sapere che cosa si deve fare, e nell'imparare a scegliere per che cosa si deve dare la vita... È, in generale, molto più facile morire moralmente, o anche fisicamente, per gli altri, che non imparare a vivere per essi». Si dice ancora che bisogna amare il prossimo nostro come noi stessi; ma se noi ci amiamo puerilmente, stupidamente, ameremo il prossimo allo stesso modo. Il dovere della nostra anima, di ogni anima, consiste nell'essere «tanto integra, tanto felice, tanto indipendente, tanto grande quanto è possibile». Quindi non è vero che l'anima diventi più grande sacrificandosi; ma diventando più grande essa perde di vista il sacrifizio. «Il sacrifizio è un bel segno d'inquietudine, ma non bisogna coltivare l'inquietudine per stessa.... La forza immateriale che splende nel nostro cuore deve splendere prima di tutto per stessa. A questo prezzo soltanto splender

Vidi altro merto ch'ogni merto avanza Splender nella tua grande anima, ardente D'ogni santa e magnanima speranza. In tua vecchiezza, a me giovin demente T'avvicinava il caso.... ah! non il caso, Ma la bont

38 Vedi Rinaldo, in cui non minor raggio splender

Bada, o giovin bollente, omai tremenda Splender la luce di quel re straniero Che di Napoli al serto altre aggiungendo Minori signorìe, stende sue lance Di castello in castel, di villa in villa, Fra' Romani, fra' Toschi e fra' Lombardi, E feudi suoi non pochi ha in Monferrato E in Piemontesi sponde. A molti egregi Dubbia piet

Allo splender di quella luce altiera Ratto si volse ognun, come ella apparse; Ma guardolla Ottoman per tal maniera Che da prima lodolla, e poscia n'arse: Si danzò, si gioì, giunse la sera, E con doglia d'ognuno il sol disparse: Stassi Ottomano alquanto, e poscia invìa Bagon suo messo a la cognata mia.

Ed Ebe amò. Fatto più forte e puro Gioì l'Eroe, che ben conobbe il segno; Lampeggiò tutto al suo sguardo il futuro; Splender mirò de la Ragione il regno; Vacillò de l'Error l'idolo impuro; Svelto il Nume dal sonno arse di sdegno, E, vôlto il ciglio a quella parte e a questa, Empio ognun trova, e a fulminar si appresta.

Accennò quel signore ad un che corse e prestamente allumò molta cera, che splender fe' la sala in ogni canto. Quel che seguì dirò ne l'altro canto.