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Quando si considera che volumi innumerevoli furono gettati alla moltitudine ammirata per narrare la vita d'uomini che sconvolsero popoli e Stati e allagarono il mondo di sangue, non d'altro vigili che dell'utile proprio, e convinti di essersi compri il diritto di far servi gli uomini tutti a soli; e che poi, a sommare tutte le parole di molti storici, non esce un quarto di pagina per toccare di chi pur vivendo ed operando al pubblico cospetto, possedette la virtù vera, la virtù senza l'egoismo; ci assale un'amarezza invincibile, un'amarezza così sconfortante da travolger persino i nostri giudizi, da comandar quasi anche a noi medesimi la noncuranza comune. Se non che un pensiero più indipendente sorvola agli altri e li fa tacer tutti, e il desiderio di convivere a lungo cogli uomini rari e dimenticati, narrando di loro quel che gli altri tacquero, diventa un così forte bisogno, da costringerci a tentar l'opera, anche nella certezza che nessuno vorr

Fu slava, e latina. Dell’intelligenza slava possedette l’intrepida logica e la furia mistica: del temperamento latino, la morbidezza del tatto, il senso dell’equilibrio, l’ala della poesia. Da tali elementi, fusi nel crogiuolo del più assoluto ardore di dedizione che mai avvampasse in creatura femminile, risultò il capolavoro umano ch’ella potè incarnare.

Possedette le anime. Ed ella non chiedeva altro bene. Ne mangiò, ne gustò, a migliaia, a milioni, novella Santa Caterina da Siena. Trovò in esse il preziosissimo sapore che la metteva in perpetuo stato di ebbrezza spirituale. Ciascuna fu per lei il tesoro da scoprire con simpatia e meraviglia sempre fresca, benedicendo il Signore.

Gli ori antichi, le gemme di tutti i regni della terra, le collane di perle che cinsero il collo delle cattoliche imperatrici, gli anelli dei Cavalieri di Cristo, conquistati nel tesoro di Bisanzio, i rubini rossi come il sangue, gli smeraldi verdi come l’oltremare, le riviere di brillanti che nessuna donna mai possedette:

Scrisse lo Zon nel suo più volte citato trattato della Zecca Veneta (p. 72): [I[Nel numero di queste monete temporanee, o piuttosto segni, o tessere per l'armata, potrebbe per avventura notarsi uno ]I]zecchino di cuojo[I[ col nome di Francesco Cornaro doge di soli 20 (]I]leggi 24[I[) giorni, nel 1656, simile affatto a quello d'oro di lui, ma di forma distinta e minore, con caratteri che, nella forma dell'E così segnato H, vi grecizzano, ed il quale fino all'anno presente (]I]1847[I[) si possedette dai conti Pompei di Verona colla tradizione che sia moneta battuta pei bisogni della guerra di Candia. Il suo tempo vorrebbe assegnarsi in vicinanza alla vittoria dei Dardanelli del 26 giugno di detto anno, e darebbe maggior probabilit