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Il generale era di cattivo umore, e misurava a gran passi, in diagonale, gli ottanta e cento metri quadrati del vestibolo. Incominciava a temere gli effetti della vita sedentaria; voleva fare del moto: e per farlo, e per istizzirsi di non poterne fare abbastanza, sceglieva le ore che Gisella dedicava al riposo.

Aveva un salotto. Il locale più angusto, più mal situato del quartierino; un buco da cui non si sarebbe potato cavare nessun partito; una stanzuccia di passaggio. Le stoffe dei mobili sbiadite, i legni senza lucido, le cornici scrostate, s'univano alla signora Giuditta per affermare che avevano veduti tempi migliori. Sopra una scansìa facevano bella mostra delle confettiere di cartone scolorito, qualche pezzo d'argento Cristophle che ricordava l'incoronazione di Napoleone primo, e delle chicchere di porcellana, vecchie senza essere antiche, religiosamente coperte da un velo verde, che doveva aver fatto cinquant'anni prima il viaggio da nozze sul cappello di qualche sorella della proprietaria. Disopra al camino eternamente spento, fra molte fotografie ingiallite, era appeso in una cornicina di cartone, qualche cosa come uno specchietto vecchio a cui mancasse in più luoghi la foglia. Quello specchietto era stato altre volte un dagherrotipo che, collocato di sghembo, con un raggio di sole che lo battesse in diagonale, in un dato punto della stanza, ed in certe ore speciali, rifletteva un non so che, come un profilo intagliato nell'acciaio. Ma il tempo aveva cancellato ogni cosa; e non rimaneva che un vetro macchiato, sul quale soltanto l'entusiasmo cieco della signora Giuditta s'illudeva di vedere il ritratto del Modena, il pigionante illustre fra gli illustri, che aveva fatta la gloria della sua casa. Quel salotto, l'affittacamere lo metteva a disposizione de' suoi pigionali; preferiva che ricevessero l

Si notavano allora certi buchi, artisticamente scavati tra le radici della gramigna o del sermolino, che andavano in linea diagonale nel profondo della terra, e dato di piglio ad un fuscellino, il più diritto e il più lungo che si potesse trovare, si frugava leggermente in quella piccola tana, fino a tanto che non si vedesse sbucar fuori un animaletto nero, dalla corazza rabescata.

Ed erano riusciti una meraviglia, quei tre battifolli, quantunque edificati all'infretta. Per una lunga diagonale, dal poggio di Castiglione insino a San Fruttuoso, dove la spiaggia del mare incomincia a restringersi sotto l'eminenza di Castelfranco, si stendeva non interrotto un ciglione, protetto da fosso e steccato. Il marchese Galeotto, che era accorso di buon mattino al castello, non potè rattenersi dallo ammirare l'operosit