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In molte case il genitore credente racconta ai figli il grande avvenimento, e li trasporta colla navicella della fantasia a Betlemme, nella stalletta: in altre, dove la fede è svanita, il suono delle campane evoca lontani ricordi, così dolci, così soavi; il ricordo dei defunti genitori, dei nonni, che avevano creduto; toccano certe corde nell'anima, che da anni danno suono lontano in quella notte fortunata e destano la nostalgia di un passato che non ritorna, di un futuro, al quale non vogliono tendere e che pure sentono così desiderabile; desta la nostalgia di un raggio di fede nella notte della loro vita mondana; di un grande raggio di fede, che illumini la loro esistenza così egoistica e faccia luce sul mistero della morte.

Vi chiamano i bimbi, vi chiamano le mamme, vi chiamano i vecchi; e quei vagiti e quei sorrisi e quelle preghiere sono i nostri affetti. Chi nasce, chi confida, e chi è vicino a morire! Betlemme ha irradiato il mondo! Oh venite! venite! venite anche da me! Chi nasce! Sapete com'è bello chi è innocente? Chi ci può far credere a Dio? Chi è la religione purissima dell'anima nostra?

È l'ultimo grido che esce dalle sue labbra; l'affanno diventa sempre più forte; le immagini delle cose che lo circondano si scoloriscono; è la morte che s'avvicina... Secondo intermezzo Le campane della cattedrale suonano a festa. È la consacrazione. Sul sacrosanto altare si ripete il grande prodigio di Betlemme.

In una cappella della chiesa è rappresentata con bell'arte la grotta di Betlemme e l'adorazione dei Re Magi venuti dall'Oriente; i personaggi sono di cera, mancano gli accessorî delle pecore e del paesaggio. La Madre di Dio è seduta nella grotta e tiene in grembo il bambino, cui i re, inginocchiati, presentano i loro doni.

Voi! voi! voi! Chi dice che siete venuti per visitare le vostre tombe favoleggiate? La stella vi accenna la culla di Betlemme!

E la culla invece l'abbiamo in tutte le nostre case, dove un grembo di donna accoglie un bambino o il desiderio di un bambino. Betlemme ha irradiato il mondo! Voi! voi! voi! Chi dice che siete venuti per la vostra gloria da calendario? La stella vi accenna le nostre gioie!

Il suono festivo delle campane giunge ai fedeli che si pigiano nelle chiese, vagamente illuminate, e fissano lo sguardo sull'altare della vita, al quale il sacerdote celebra i divini misteri e dove egli evoca quello stesso divino Infante che è nato a Betlemme. Essi uniscono la loro voce a quella del celebrante. Cantano: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volont

Il Verbo incarnato vi discende sotto le specie di candido pane ed il sacerdote alza, tra nubi d'incenso, la bianca Ostia e la mostra al popolo, il quale l'adora riverente. Mirabile degnazione del Verbo! A Betlemme cela i bagliori della sua divinit

Ed i canonici novellamente: Era pigro nel cammino, Ma poi l'ebbe un cervellino, E col pungolo e il flagello Fe' volarlo come augello; Giunse fino a Betlemme: Visitò Gerusalemme! Ed il coro ed il popolo proseguivano col solito ritornello i canonici col rimanente dell'inno. Sia che carro tragga al corso, Sia che porti soma in dorso, Le mandibole dimena Come Santa Maddalena.

V'era apparso su tra i rami delle immense palme il lumicino fumicoso della cometa che guida a Betlemme? Udivate sotto le gronde col miagolìo dei mici anche i nostri sospiri religiosi?