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Poco più che a magione umìl somiglia, E pur ivi m'invase quel tremore Che per solenne ossequio all'uom s'appiglia; E per quell'ara palpitai d'amore, Come mai palpitato io non avea, E in ver sentii ch'ivi sedea il Signore! Brev'ora fu, ma pure indi io sorgea Trasmutato in altr'uom, portando in seno Il Salvator che i mesti accoglie e bea.

Ed al fremer novello della luce ritorna alla sveglia l'uccello assueto al e s'adorna. Tal vale all'uom Prudenza; la notte posa e dorme. Ve', all'occidente torme vaghe fuggono: urgenza nuova spinge le cose. Ve' intorno, son le rose più rosse: ahimè! gi

Che riedificare si dovea de' nuovi piani di letteratura; che a ciò che si dicea, che si scrivea mancava il comun senso e la natura; ch'era un balordo quel che si perdea in sullo studio della lingua pura; che all'uom d'ingegno e pensator bastava scriver con quel gergon che si parlava.

E lei bianca riceve la Terra ne' suoi giusti ozi, da poi che all'uom copia di frutti ha partorito. Guarda il bifolco splendere a' sudati campi la neve, mentre siede al desco; e a lui dal cuor la speme e dal bicchiere sorride la primizïa del vino. Scendi con pace, o neve; e le radici difendi e i germi, che daranno ancora erba molta alli armenti, all'uomo il pane.

Ora, alzando la testa, l'Elia Corvino aveva veduto entrar l'uomo del cancellier Morone, e benissimo lo aveva conosciuto, di modo che, appena costui, salutandolo, gli fece intendere avergli a dir due parole, tosto congetturando fosse mandato espressamente dal Morone medesimo, ed essendo contento di ciò, depose la penna, s'alzò, disse a quei suor clienti; torno subito, e s'avvicinò all'uom del Morone.

E senz'altre parole, accostatosi all'uom del Morone, indossò la palandrana e s'accompagnò con lui. Non avendo a far molti passi, in pochi momenti furono a palazzo, dove tosto entrarono. Messo il piede in un'anticamera, l'uom del Morone disse al Corvino: -Aspettate qui un momento, che vado ad avvisarne sua signoria illustrissima.

Così fossi io con lui morto quel giorno, prima che viver servo in tanto scorno. 62 che piaceri amorosi e riso e gioco, che suole amar ciascun de la mia etade, le purpure e le gemme e l'aver loco inanzi agli altri ne la sua cittade, potuto hanno, per Dio, mai giovar poco all'uom che privo sia di libertade: e 'l non poter mai più di qui levarmi, servitù grave e intolerabil parmi.

E gli arabeschi, e le dorate, ingenue Pitture son raschiate, e nulla resta Della prima parvenza e del bell'impeto Delle sere di festa. Triste rovina avvolta nella polvere, Pur bella ancora per le svelte forme! Simile all'uom che all'avvenire torbido Stanco rinunzia e dorme. Tra le nubi del ciel, beffardo irrompere Scorgeasi un raggio sulla terra serena. Guardai.